Berco, il ministro Urso ipotizza l’acquisizione da parte di Leonardo
Uilm Ferrara e nazionale e Cisl favorevoli. “No” di Cgil e Rifondazione: «Lavoro usato come ricatto per la guerra»
Copparo La scorsa settimana il Board di Berco al Mimit aveva riferito di interlocuzioni preliminari con un gruppo del settore Difesa, chiarendo che si trattava di contatti lontani da una vera collaborazione o da un aumento dei volumi produttivi. E i rappresentanti del Mimit avevano confermato l’impegno a facilitare contatti (senza citare nomi) fra Berco e altri soggetti industriali, per favorire sinergie produttive future. Ebbene, in questi ultimi giorni il ministro Adolfo Urso, titolare del Mimit, in un intervento all’inaugurazione della nuova sede di FdI a Castelfranco Veneto (dove c’è una filiale di Berco), ha parlato della possibile acquisizione degli stabilimenti italiani della Berco da parte di Leonardo. A queste dichiarazioni si sono aggiunte quelle apertamente favorevoli della Uilm di Ferrara e nazionale e della Cisl.
La segretaria della Cgil del Veneto, Tiziana Basso, la Fiom di Treviso e i suoi delegati nello stabilimento, hanno invece espresso la loro opposizione a questa prospettiva. Una posizione che non cede al ricatto occupazionale implicito nella proposta del ministro. «Saltare sul carro dell’economia di guerra non è mai un buon affare per I lavoratori e le lavoratrici. Il riarmo è già un passo in avanti verso la guerra. Una miopia che come insegna la storia europea è stata pagata cara soprattutto dai proletari che si sono combattuti nei campi di battaglia per interessi che non erano di certo i loro». A dirlo le segreterie di Emilia Romagna e Veneto del dipartimento lavoro nazionale di Rifondazione comunista.
«Ora è chiaro che la partita che si gioca attorno alla Berco ha due obiettivi. Il primo è quello di inserire le produzioni e il futuro industriale dell’azienda nella scia dello sviluppo dell’industria bellica italiana ed europea con Leonardo capofila di questo piano nel nostro Paese. Il secondo è quello di costruire un consenso di massa al riarmo giocando anche la carta del mantenimento e della creazione di posti di lavoro. Cisl e Uil che certamente rappresentano una parte importante di lavoratrici e lavoratori e sostengono questa soluzione non ne fanno gli interessi. L’economia centrata sulla produzione di armi richiede forti investimenti pubblici, rafforza la tendenza alla guerra e riduce gli investimenti sociali, deprime i consumi interni e non risolve la crisi della manifattura nel nostro Paese. Professionalità, competenze e storia centenaria della Berco possono trovare la loro valorizzazione in ben altri progetti nelle produzioni a uso civile, non può diventare una fabbrica di morte».
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