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Il caso

Presunto stupro in cella a Ferrara, Nordio: «Le telecamere non confermano»

Daniele Oppo
Presunto stupro in cella a Ferrara, Nordio: «Le telecamere non confermano»

Il ministro risponde alla Camera, messa in dubbio anche l’identità di genere

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Ferrara Mentre l’indagine della Procura di Ferrara risulta essere ancora aperta e in attesa di approfondimenti, il ministro della Giustizia Carlo Nordio sembra avere già l’esito. La detenuta transessuale – la cui identità di genere è anche messa in discussione – che aveva denunciato una violenza sessuale nel carcere dell’Arginone non avrebbe raccontato il vero. Secondo il ministro, che ha risposto alla Camera alle interrogazioni di M5s, Avs, Pd e Azione, le immagini delle telecamere del carcere «non confermano» il racconto della detenuta circa la violenza subita, perché negli orari da lei indicati non avrebbe avuto momenti di socialità.

Non c’è solo questo. Nordio riporta anche stralci della relazione della direttrice del carcere di Reggio Emilia – l’unico in regione con una sezione per persone transessuali –, da dove la detenuta è stata trasferita a Ferrara e dove viene negato che sia transessuale: «Nella relazione redatta dalla direttrice della Casa circondariale di Reggio Emilia, con la quale si chiedeva il trasferimento del M. presso altro istituto idoneo, emerge che “la disforia di genere di cui sarebbe affetto il M. non incide sull'identità sessuale ma sul suo orientamento sessuale, quindi non può ritenersi a rigore sussistente una diagnosi di transessualità, derivando che lo stesso detenuto, come più volte dimostrato anche nelle precedenti detenzioni, strumentalizzi la sezione transessuali simulando la disforia di genere al solo scopo di poter godere di prestazioni sessuali da parte di detenuti transgender”, segnalando, altresì, che l'atteggiamento del M. aveva determinato nelle altre detenute transex “una situazione di paura, sconforto, ansia e scompensi psicologici”». Per i sanitari reggiani la detenuta «presenta caratteri sessuali maschili, senza segni di interventi chirurgici o protesici, non ha mai assunto terapia ormonale specifica per la transizione di genere ed anche sotto l'aspetto psicologico non si rilevano elementi compatibili con tale percorso in atto». Eppure, ed è impossibile non notare le palesi contraddizioni, lo psichiatra che l’ha visitata prima del trasferimento di luglio alla sezione per persone transex del carcere di Belluno «ha diagnosticato la presenza di disforia di genere. Dalla relazione – dice Nordio – si evince inoltre che il detenuto ha espresso la volontà di riprendere la cura ormonale per la transizione di genere, precedentemente interrotta».
Lapidario il commento della Garante dei detenuti di Ferrara, Manuela Macario: «Una persona transgender è tale senza l'obbligo di cure ormonali o di interventi chirurgici. Ancora una volta la non conoscenza del significato di identità di genere e di affermazione di genere genera mostruosità. Negare l'identità della persona coinvolta nei fatti è un atto di rivitimizzazione della vittima. Che è tale anche se si dovesse rivelare effettivamente violenta o abusante, perché in quanto persona può essere tale indipendentemente dalla sua identità e dall'accertamento dei fatti. Sulle terapie ormonali Nordio si dovrebbe informare meglio, la persona era stata costretta da endocrinologi a sospendere le terapie a causa di un importante problema di salute per cui quel tipo di terapie è un fattore di alto rischio». Per la senatrice Ilaria Cucchi (Avs), la risposta di Nordio «dimostra quanto poco sappia e quanto poco gli interessi il problema delle carceri». 

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