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Lagosanto, sorpreso con munizioni e polvere da sparo: carabiniere a processo

Daniele Oppo
Lagosanto, sorpreso con munizioni e polvere da sparo: carabiniere a processo

Luogotenente a processo per una “collezione” illegale di cartucce. Prima della denuncia era prossimo a divenire comandante della stazione

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Lagosanto «Abbiamo una rogna», aveva detto il comandante della stazione dei carabinieri di Lagosanto al tenente colonnello Luca Treccani, all’epoca comandante della compagnia di Comacchio e il 19 giugno 2024 nella stazione laghese per effettuare uno dei controlli periodici. Le «rogne», in realtà, erano 325 più una. Una per cartuccia calibro 9 parabellum detenute senza alcuna autorizzazione dal vicecomandante della stazione, più mezzo chilo di polvere da sparo non denunciata. Detenzione illegale di munizionamento da guerra e omessa denuncia di materiali esplodenti, i reati per i quali oggi il luogotenente – subito trasferito a Ravenna – che li possedeva è a processo davanti al tribunale di Ferrara, dopo la denuncia presentata dal comando.
Ieri si è aperta l’istruttoria, proprio con la testimonianza del colonnello Treccani che, rispondendo alle domande del pm Stefano Longhi, ha spiegato come venne a conoscenza di quelle cartucce detenute illegalmente: avvisato dall’allora comandante della stazione (Licio Esposito, oggi in pensione) che, ed è un dettaglio che la difesa ha evidenziato, già il giorno prima aveva avuto notizia da uno dei colleghi del fatto che il suo vice custodisse varie scatole di munizioni nei cassetti del suo ufficio nella stazione. Scoperti come? Aprendo i cassetti del luogotenente oggi imputato, alla ricerca di un timbro da vicecomandante che servivano per alcuni atti. In questi cassetti c’erano alcune scatole con dentro 245 cartucce – tutte afferenti alle dotazioni dell’Arma – più altre 15 sfuse. Altre erano in un armadietto. A casa invece aveva anche mezzo chilo di polvere da sparo. La provenienza delle munizioni non è di origine ignota: il luogotenente è un istruttore di tiro da molti anni e, con ogni probabilità, le ha “collezionate” così. In maniera illegale, perché, come spiegato anche ieri in udienza, il massimo di munizioni che un militare può detenere equivale a quelle contenute in un caricatore della pistola d’ordinanza – quindici – a meno che non si appartenga ad alcune categorie particolari alle quali è concesso avere due caricatori pieni (30 munizioni). In nessun caso è ammessa la detenzione di 325 munizioni extra (in tutto ne aveva dunque 340).
Cosa se ne facesse, non è dato saperlo. La difesa, sostenuta dall’avvocato Giacomo Forlani, dalle domande poste ieri in udienza è sembrata puntare più che altro su una sorta di “trappola” tesa all’imputato, con la denuncia al comando di un fatto che in realtà sarebbe già stato noto, ma “svelato” in un momento opportuno, quando il luogotenente era prossimo a diventare comandante della stazione. Il tutto in un ambiente che conosceva delle tensioni personali. Nella prossima udienza, fissata dal giudice Vincenzo Cantelli per il 17 marzo, verrà ascoltato proprio l’imputato che potrà rendere così la sua versione dei fatti. 

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