Bimbo di 6 anni annegò in piscina a Lido Nazioni, la procura chiede l’archiviazione
Fu una tragedia repentina quella che quest’estate colpì il piccolo turista tedesco in vacanza. Ora la famiglia valuta se opporsi
Lido Nazioni La procura ha chiesto l’archiviazione per la morte del bimbo di sei anni annegato in una delle piscine del camping Tahiti di Lido Nazioni. La decisione del pubblico ministero Stefano Longhi, che aveva aperto un fascicolo contro ignoti, è arrivata alla luce delle risultanze medico legali e della ricostruzione delle fasi della tragedia, avvenuta il 15 giugno scorso. A perdere la vita, un piccolo turista tedesco in vacanza con la famiglia.
Quel giorno insieme alla mamma, alla sorella gemella e a un fratellino più grande, era andato nella piscina dei piccoli, dove l’acqua non supera gli 80 centimetri di altezza e non è necessaria la presenza di un bagnino. A svolgere funzioni di controllo c’era un’addetta, il cui compito era di fatto quello di verificare che i bimbi sotto i 12 anni fossero accompagnati da un genitore, come prevedono le regole e come effettivamente era avvenuto in questo caso. Erano circa le 15.30 e la mamma, dopo aver fatto il bagno con i figli, aveva sistemato il telo a terra, mentre il figlio più grande usciva dall’acqua. Aveva quindi richiamato i due gemelli, ma solo la bimba l’aveva raggiunta. Il tempo di cominciare a cercare il fratello, e un uomo, notando il corpo esanime nell’acqua, aveva dato l’allarme. Il 118 per dieci minuti aveva praticatole manovre di rianimazione cardio polmonare, senza esito.
Dalla consulenza tecnica eseguita dal medico legale Donatella Fedeli risulta che il bimbo è deceduto per annegamento ed del tutto ragionevole presumere che l’arresto cardiaco irreversibile sia avvenuto in un lasso temporale molto breve, da un minimo di un minuto a un massimo di cinque minuti dal momento il cui il bimbo è caduto in piscina. Quanto tempo è rimasto sott’acqua? Ha avuto il tempo di chiedere aiuto o si è trattato di un evento repentino? Tutto porta a pensare a questa seconda ipotesi, considerato che in quel momento c’era molta gente in piscina, e se il piccolo avesse urlato o sbracciato qualcuno se ne sarebbe certamente accorto, e purtroppo non è stato così.
Secondo gli accertamenti, inoltre, quando il corpo è stato estratto dall’acqua le condizioni erano ormai irreversibili, e nulla hanno potuto le pratiche di rianimazione per salvare la vita al piccolo. Una disgrazia, quindi, un evento determinato da una serie di circostanze non dipendenti da negligenze o imperizie, per il quale la procura non ha individuato responsabilità penali. Da parte sua l’avvocata Antonella Stefano, che rappresentai genitori, sta valutando se opporsi alla richiesta di archiviazione.
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