Lagosanto, l'ex paziente Pma scrive ai medici: «Ci siamo fidati anche nel dolore»
l racconto di una donna che era in cura nel reparto adesso chiuso per l'indagine in corso: «Io non so se sono pienamente consapevoli del danno che è stato fatto»
Lagosanto La speranza di poter diventare genitori è per molte coppie legata ai Centri di procreazione medicalmente assistita. I medici hanno in mano il futuro di queste persone e per quanto in molti casi sia difficile e, trovare dei punti di riferimento rende una strada in salita leggermente meno ardua. Ecco perché una delle pazienti ha deciso di scrivere questa lunga lettera, con lo scopo di arrivare al cuore non solo di chi legge, ma anche di chi «non ci ha forse tutelato con le giuste modalità, con la speranza che qualcosa possa cambiare».
La lettera
«Gent. mi Dottori della Pma del Delta di Lagosanto, sono una vostra ex paziente in cura da voi dal 2020. Vi scrivo questa lettera sperando, se non in una vostra risposta scritta, in una vostra risposta di cuore e di coscienza. Sono rimasta colpita da tutte le testimonianze di coppie, seguite dal vostro centro, emerse in questi giorni. Il denominatore comune è la mancanza di empatia che abbiamo sperimentato da parte vostra, in un momento in cui avevamo bisogno di essere ascoltate ed accolte poiché ci eravamo rivolte a voi in un momento delicato della nostra vita. Un momento in cui ci sentivamo smarriti, dimenticati dalle gioie della vita, costretti a rivolgerci a voi racimolando tutte le nostre forze fisiche e psicologiche e tutti i nostri risparmi per avere una piccola speranza di raggiungere un obiettivo che la maggior parte delle coppie sperimenta con naturalezza».
In tempi non sospetti, mentre la paziente si trovava in quella sala d’attesa in piena emergenza Covid scrisse queste parole (era il gennaio del 2022).
«Questa è una sala d’attesa. Una sala d’attesa piena di sogni, di speranze, di paure. Questa è una sala d’attesa dove quando entri vedi sempre coppie nuove, tante coppie nuove, troppe coppie nuove... e dopo alcuni anni capita pure che rivedi qualche coppia che hai intravisto tanto tempo fa. Non vi parlate, vi salutate e vi sorridete. Avete un dolore in comune che non avete bisogno di esprimere a parole perché ha il sapore di “anche voi qui.. anche a voi purtroppo è andata male”.
Entri in questa sala d’aspetto a volte da sola a volte con il tuo compagno, non sempre perché ci sono dei periodi che impongono visite ogni due o tre giorni e non è sempre possibile che al lavoro ti diano i permessi per accompagnare la tua compagna. Così guardi le altre ragazze da sole, qualcuna si perde guardando il cellulare, cercando qualcosa nella borsetta, tenendo ben stretta una cartella clinica che pare infinita e pesante. Ti guardi intorno, guardi le altre ragazze e cerchi di capire se sono più giovani o più vecchie di te, più magre o più grasse, più stanche e provate di te».
La riflessione della donna va avanti: «Pensi a quali siano le storie di queste donne, a cosa le abbia portate qui e cerchi di consolarti pensando che forse qualcuno è messo peggio di te, forse qualcuna ha più di 40 anni...e se ci crede lei perché non dovresti crederci tu? Tutti questi pensieri svaniscono quando il tuo sguardo incrocia quello di una di queste donne...ti ritrovi nei loro occhi...ritrovi le tue stesse paure, i tuoi stessi sogni. Non le conosci ma conosci i loro pensieri e vorresti dire loro: Ti vedo quando pensi che non ce la farai mai, quando pensi a tutti i farmaci che dovrai assumere, quando pensi che non ce la farai a farti tre punture al giorno da sola, quando ti dovrai portare in giro tutto il kit per bucarti la pancia in uno squallido bagno di un ristorante o di un autogrill perché hai orari rigidi da rispettare e non puoi rinunciare sempre a tutto, ti vedo quando hai paura di non arrivare alla fine del mese perché hai fatto due calcoli e hai capito che in un mese spenderete 4.000 euro per non avere nessuna certezza in mano, quando andrai ogni due giorni in farmacia per prendere farmaci introvabili che se arrivano in ritardo hai mandato tutto a quel paese. Ti vedo quando pensi “perché proprio a me? Perché proprio a noi?”».
Pensieri Riflessioni, dubbi, paure. «Li conosco tutti i vostri pensieri e vi guardo negli occhi...quanto hanno pianto quegli occhi? Quanto hanno sanguinato insieme al vostro ventre inutile e vuoto? Lo so che vi siete sentite discriminate, escluse e vi siete sentite cattive e avete pianto ancora perché vi siete sentite in colpa. Ma so che non siete infelici per gli altri, siete infelici per voi stesse e perché la felicità degli altri vi ricorda quotidianamente quanto sarebbe bello se succedesse un miracolo. Perché i miracoli accadono, ma accadono sempre agli altri. Allora tu cerchi di farli accadere concentrando tutte le tue forze e le tue energie, tutti i tuoi risparmi, tutte le corse per arrivare in questa sala d’aspetto che a volte odi e a volte ami. A volte la desideri... come in questo periodo, in cui ci si è messo pure il Covid a remare contro... perché gli ospedali sono pieni, perché anche i medici, le ostetriche si ammalano, perché in questo ultimo periodo la sanità è al collasso e pare che non ci sia più tempo e non ci siano più energie da dedicare a tutto ciò che non riguarda il Covid... perché comunque in quella sala d’aspetto quando è possibile andarci... hai ancora diritto di sognare».
La conclusione «Ecco ci fidavamo di voi, ci fidavamo della scienza e della medicina e il vostro operato, alla luce dei recenti fatti che vi hanno coinvolto, ci ha fatto ricadere in un abisso in cui quell’unica speranza che avevamo si è spenta. Io non so se siete pienamente consapevoli del danno che ci avete fatto e spero che queste parole possano farvi riflettere sul fatto che davanti non avevate solo numeri e provette ma avevate davanti Persone speranzose, ferite ma speranzose. Aspettiamo delle scuse da parte vostra, è il minimo che ci potete dare in questo momento».
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