Dieci anni fa spariva Carife, ferita che non guarisce
Inceneriti in una notte i risparmi di 32mila persone
Ferrara Era il 22 novembre 2015 quando il mondo crollò. Una domenica: santa Cecilia. Per Ferrara e provincia la conferma dell’apocalisse: la Cassa di Risparmio cittadina era ufficialmente fallita. La banca di casa polverizzata da una parola burocratica e senza anima: Salvabanche. Un decreto del Governo Renzi che, invero, metteva al sicuro ben poco: quasi 32.000 cittadini estensi (azionisti ed ex risparmiatori) avevano perso tutto. Investimenti, risparmi di una vita…
Quella data fu appuntita e beffarda: aprì una voragine (anche emotiva in molte famiglie) proprio in una giornata che, solitamente, per Carife voleva dire sport. L’ente, infatti, per anni aveva sostenuto le discipline ferraresi andando anche a sponsorizzare Spal e Basket Club. Poi la mamma dalle grandi braccia, severa ma rassicurante, s’è voltata dall’altra parte. Certo, c’erano stati sussurri (il 27 maggio del 2013 il Ministero dell’Economia aveva firmato su proposta di Banca Italia il decreto di scioglimento degli organi di controllo e di amministrazione di Carife: tutti i vertici spazzati via); c’era stato vento (arrivano i Commissari che governano per due anni), tanto che il 30 luglio del 2015 Blandini e Capitanio (i Commissari appunto) in una tesa ed affollata assemblea straordinaria degli azionisti (in Fiera) comunicano che le azioni valgono la miseria di 27 centesimi. E dopo i sussurri ed il vento, la tempesta: dapprima si spera che il Fondo Interbancario possa salvare Carife con un aumento di capitale di 300 milioni di euro. L’estate e l’autunno hanno il sapore della speranza, macché: il Salvabanche (interesserà anche CariChieti, Banca Marche ed Etruria) pone l’istituto estense in risoluzione prima, in liquidazione coatta poi. È l’anticamera del fallimento, che arriverà il 22 novembre 2015 con l’insolvenza.
Oggi sono dieci anni dall’azzeramento totale del valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate. In questi due lustri si è vissuto in un’altalena emozionale: lo shock come prima comprensibile reazione. Quindi la rabbia e l’amarezza, infine per tanti la rassegnazione. Non tutti, però, si sono arresi. Sono nati comitati, associazioni, enti: nei mesi scorsi, per evitare la prescrizione, si sono mossi in tanti (Comune di Ferrara compreso).
I numeri di un crack: dietro le cifre che seminano aridità (pur tuttavia danno una dimensione chiara dell’accaduto) ci sono facce. Sentimenti. Cuore e sospiri. Una piccola parte di questi 32.000 azionisti e risparmiatori ha ottenuto nel 2020 un rimborso del 30% (attraverso il Fondo indennizzo risparmiatori) e poi mesi fa un ulteriore 10%. Nessuno, ad ogni modo, è stato pienamente risarcito e molti altri neppure hanno ancora avviato azioni. Qualcuno s’è accontentato, talaltro si è arreso. S’è detto: rabbia, amarezza, rassegnazione…
La Carife è stata il “nostro” piccolo mondo antico: fondata nel 1838, voluta da un gruppo di cittadini ferraresi guidati dal conte Alessandro Masi. Pensata come capace di essere (non rappresentare, proprio essere) la banca del territorio; capace di adeguarsi alle necessità dei cittadini «e offrire loro sicurezze economiche» recitava lo statuto fondatario. La Cassa estense è stata la quarta più antica in Italia dopo quella di Roma, Spoleto e Bologna. Nel 1976 è la prima in Italia a dotarsi di un punto bancomat. A inizio anni 2000 ha attraversato la prateria dell’espansione: alé, ventre a terra senza pensare di esagerare. E dai allora: Banca di Treviso, l’assalto alla Popolare di Roma, il Credito Veronese, Banca Farnese… Nell’età dell’oro era presente con circa un migliaio di dipendenti e con 107 filiali distribuite prevalentemente nel Nord-Est. I cittadini si fidano, normale. Quando vengono emesse le azioni vanno allo sportello e – ignari che i primi scricchiolii si iniziano a cogliere, soprattutto da coloro che in Banca ci lavorano – mettono i loro denari nelle mani di mamma Carife. Come è finita si sa.
Ma, diciamo, non è finita finché non è finita. Se la prescrizione oggi verrà evitata, ci saranno davanti altri dieci anni di possibili richieste di rimborsi. Ne dovrà forse rispondere la Bper, che alla simbolica cifra di 1 euro nel 2017 ha acquistato l’ex Carife (data di efficacia della fusione 20 novembre). L’avverbio di dubbio su Bper sta in una duplice contraddittoria sentenza del Tar: da una parte si è ritenuto che chi acquisiva un istituto bancario rilevava crediti e debiti, successivamente un diverso parere ha inteso non ritenere responsabile dell’insolvenza il subentrante. È attesa una riunione del Consiglio di Stato per sbrogliare la matassa.
Nell’attesa, oggi è il giorno in cui il livido torna a fare male. «Tutti parlano di memoria, ma sembra che pochi ce l’abbiano sul tema Carife – ha sibilato di recente il sindaco Alan Fabbri -; dieci anni fa furono fatte delle scelte sbagliate da parte del Governo Renzi, distruggendo l’economia ferrarese».
Milena Zaggia è tra i risparmiatori ex Carife e componente della cabina di regia Fondo indennizzo risparmiatori: «Dieci anni fa è nata un’Odissea, credo sia giusto riportare in questa città i soldi che le sono stati sottratti». Oggi si ricorda, domani si torna in campo.
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