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La sentenza

Deportato nei campi di concentramento, gli eredi ottengono il risarcimento

Deportato nei campi di concentramento, gli eredi ottengono il risarcimento

Il Tribunale di Roma riconosce i danni non patrimoniali ai discendenti di Dino Pozzato, deportato vicino a Mauthausen. Ad impugnare la causa l’avvocato ferrarese Fabio Anselmo

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Ferrara Una reclusione che hanno definito illegittima, perché causa di danni patrimoniali e non patrimoniali all’intera famiglia. È così che gli eredi del signor Dino Pozzato hanno chiesto il risarcimento di 80mila euro per i crimini commessi dal Terzo Reich, la deportazione in Germania e Austria, la reclusione nei campi di concentramento e la costrizione a svolgere lavori forzati. A chi? Direttamente alla Repubblica Federale di Germania e all’avvocatura generale di Stato, citati in giudizio dai discendenti Pozzato difesi dall’avvocato ferrarese Fabio Anselmo. E, dopo la sentenza del Tribunale di Roma, l’hanno ottenuto. 

Un fatto che risale al 12 settembre 1943, quando il signor Dino – nato a Taglio di Po e chiamato alle armi nel 12° Reggimento Fanteria nel 1935 – è stato catturato dalle truppe tedesche a Ragusa, in Albania, e fatto prigioniero. Da lì la deportazione in Germania, dove è stato sopposto ai lavori forzati nei lager, in particolare a Wiener Neudorf, un sottocampo di Mauthausen. Tutto ciò, va specificato, è avvenuto dopo l’armistizio di Cassabile, con il quale lo Stato italiano dichiarò la resa alle forze alleate: molti militari furono catturati dalle truppe tedesche, disarmati e deportati. Ma ecco che entrano in gioco le convenzioni internazionali disciplinanti il trattamento dei militari prigionieri di guerra, quali convenzione dell’Aja e convenzione di Ginevra, con quest’ultima che impone di trattare i prigionieri di guerra con umanità e stabilisce che «ogni atto o omissione illecita da parte della Potenza detentrice, che provochi la morte o metta gravemente in pericolo la salute di un prigioniero di guerra in suo potere, è proibito e sarà considerato infrazione». Già che i militari italiani catturati vennero definiti dal Terzo Reich “internati militari italiani”, costituisce valenza probatoria che furono privati della tutela internazionale che, invece, lo status di prigioniero di guerra avrebbe loro assicurato.

E questo è stato il caso anche di Dino Pozzato, «assoggettato a condizioni di schiavitù» e per il quale è stata richiesta una liquidazione dell’invalidità temporanea assoluta: 130,25 euro al giorno per 632 giorni di prigionia e un importo pari a 82.318 euro. È sottolineato nella sentenza: «La prova del fatto stesso della deportazione e della prigionia in un luogo di annientamento assoluto della propria libertà, dignità e identità della persona (con relative conseguenze in termini di sofferenze morali e fisiche che ne sono derivate) sono in astratto paragonabili all’invalidità assoluta derivante da una lesione psicofisica di estrema intensità». Danno non patrimoniale per cui il Tribunale di Roma ha accordato il risarcimento, a differenza di quello patrimoniale per la mancata percezione della retribuzione nel periodo di prigionia.