Pfas in provincia di Ferrara, una ventina i siti contaminati
Il report realizzato dall’associazione ambientalista Greenpeace
Ferrara L’inquinamento piove dal cielo e l’Emilia-Romagna è “accerchiata”. Parliamo di Pfas, i cosiddetti “inquinanti eterni”, in grado di restare a lungo nell’ambiente e di avere effetti sulla salute umana (tumori, sistema endocrino e altro). Sono presenti in vari prodotti (impermeabili o antiaderenti, ad esempio), oppure sono scarti di processi industriali che finiscono nelle acque dei fiumi. Ma che viaggiano anche sopra di noi a causa di particolari gas usati in ambito industriale o per alcuni sistemi di refrigerazione: gli F-Gas, i gas fluorurati.
Stando all’ultimo report realizzato dall’associazione ambientalista Greenpeace su dati dell’Ispra e del Registro europeo Pollutant release and transfer register (Prtr, dove sono raccolti i valori delle emissioni di più 4mila stabilimenti industriali italiani) le industrie emiliano-romagnole hanno emesso poco meno di 30 tonnellate di tali gas nell’aria dal 2007 al 2023. Si tratta di meno dell’1% del totale delle emissioni registrate nel territorio italiano.
Come spiega l’Agenzia europea dell’Ambiente, gli F-gas «sono gas prodotti dall’uomo utilizzati in una serie di applicazioni industriali. Sono spesso impiegati come sostituti delle sostanze che riducono lo strato di ozono perché non danneggiano lo strato di ozono atmosferico. Tuttavia, sono anche potenti gas a effetto serra, con un potenziale di riscaldamento ancora più elevato rispetto all’anidride carbonica (CO2), e contribuiscono quindi in larga misura ai cambiamenti climatici».
Inoltre, alcuni F-Gas sono stati associati ai Pfas ((sostanze perfluoroalchiliche), sia perché alcuni di essi – in particolare quelli usati per alcuni sistemi di refrigerazione – si trasformano in Tfa (Acido Trifluoroacetico),cioè in un tipo di Pfas, sia perché il loro uso è associato alle produzioni industriali di materiali contenenti Pfas.
Se è vero che l’Emilia-Romagna ha rilasciato nell’aria solo l’1% degli F-Gas totali rilasciati in Italia, non va dimenticato che le regioni del confine nord – Lombardia e Veneto – e sud (Toscana) sono tra i maggiori contributori a livello assoluto, rispettivamente per il 5,3% 5,6% e 3,2%: se sembra poco è perché il 76% delle emissioni avviene in Piemonte, in particolare a opera del sito industriale ex Solvay, oggi Syensqo.
Oltre all’impatto generale per quanto riguarda l’effetto serra e dunque l’impatto sui cambiamenti climatici, essere “circondati” può significare che l’Emilia-Romagna può subire gli effetti ambientali-sanitari di tali emissioni e, dunque, una contaminazione diffusa.
Secondo la mappa prodotta dal Pfas Data Hub, nel Ferrarese sono una ventina di siti contaminati (alcuni con certezza, la maggior parte si presume lo sia): acque superficiali, attività produttive e siti di trattamento dei rifiuti, dall’Alto Ferrarese fino al Delta del Po e al litorale.
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