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Sequestro embrioni a Lagosanto, il giudice rigetta la richiesta

Daniele Oppo
Sequestro embrioni a Lagosanto, il giudice rigetta la richiesta

La Procura ha fatto appello. Al centro della questione la corretta gestione nel centro Pma e possibili pericoli

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Lagosanto Sequestrare gli embrioni conservati nel centro di procreazione medicalmente assistita dell’ospedale del Delta. Per la Procura, che indaga, è necessario. Per il giudice che doveva validare la richiesta, non lo è. E così ieri mattina la pm Barbara Cavallo ha dovuto ribadire le sue ragioni davanti al tribunale in composizione collegiale, chiamato a decidere sull’appello presentato dalla stessa pm sul sequestro preventivo. I termini della questione non sono affatto semplici, perché coinvolgono questioni non solo di tipo giuridico ma anche biologico.

Proviamo a riassumerli in questo modo. Secondo il giudice che ha rigettato il sequestro preventivo mancherebbero indizi sufficienti sull’eventuale reato commesso dagli indagati in riferimento agli embrioni. In questo caso si tratta dell’omissione di atti d’ufficio per il mancato controllo di fertilizzazione degli ovociti da effettuare nel primo giorno dopo il prelievo, previsto dalle linee guida ma che a Lagosanto pare venisse omesso regolarmente nelle giornate del venerdì e in tutti i prefestivi. Questo controllo serve a verificare che la fecondazione sia avvenuta correttamente, individuando la presenza dei pronuclei femminile e maschile e di due globuli polari, oppure la presenza di anomalie. Per il giudice, nella sostanza, quanto previsto nelle linee guida (ma vie è anche un decreto ministeriale) non comporterebbe un corrispondente dovere giuridico per gli indagati.

Inoltre, sempre secondo il giudice che ha rigettato il sequestro, non vi sarebbe nemmeno un pericolo non essendovi certezza che si siano sviluppate possibili anomalie (che potrebbero portare a gravidanze difficili, patologie perfino aborti) e che comunque queste possano essere evidenziate con i controlli successivi o i test genetici, come la diagnosi preimpianto. Che però, va ricordato, anche se Lagosanto è uno dei pochi centri in cui è possibile effettuarla, non è obbligatoria ma è a discrezione delle pazienti. Per la Procura quei mancati controlli (ritenuti necessari) al primo giorno potrebbero celare anomalie non più visibili, se non con il test “volontario”, essendo nel frattempo mutate le fasi della fecondazione. Da qui il pericolo almeno potenziale. Le difese degli indagati hanno ovviamente chiesto il rigetto dell’appello, concordando con la lettura del primo giudice, il collegio si è riservato. Intanto, per analizzare la situazione verrà disposta a breve una consulenza tecnica, affidata al medico legale Roberto Testi e a un esperto di procreazione medicalmente assistita.

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