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Movimento Nonviolento a Ferrara: «Pace è opposizione alla guerra»

Stefania Andreotti
Movimento Nonviolento a Ferrara: «Pace è opposizione alla guerra»

L’associazione sarà al presidio in calendario il 1º gennaio per la Giornata mondiale. Buccoliero: «Chi aderisce si dichiara del tutto indisponibile alla chiamata alle armi»

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Ferrara «Poiché la leva obbligatoria nel nostro Paese è sospesa, e tale sospensione resta a discrezione del potere esecutivo di Governo, dichiaro fin da questo momento, con atto formale, la mia obiezione di coscienza alla guerra e alla sua preparazione. Non sono disponibile in alcun modo a nessuna “chiamata alle armi”. Non mi sottraggo al dovere di proteggere la mia comunità, ma credo, come l’esperienza storica dimostra, che sia possibile difendere la vita senz’armi, attraverso i metodi della nonviolenza organizzata». È questo uno dei passaggi fondamentali della “Dichiarazione di Obiezione di Coscienza alla guerra e alla sua preparazione” parte della campagna di obiezione alla guerra del Movimento Nonviolento, una delle associazioni più longeve e radicate tra quelle che il primo gennaio saranno alle 11 in piazza della Cattedrale a Ferrara per dire no alle guerre.

«La campagna – spiega Elena Buccoliero, membro del coordinamento territoriale ferrarese – è nata subito dopo l’invasione dell’Ucraina e si è allargata al conflitto israelo-palestinese. Chi aderisce si dichiara obiettore di coscienza di fronte al Presidente della Repubblica, chiede l’istituzione della difesa civile nonviolenta a livello nazionale e l’accoglienza, come rifugiati politici, degli obiettori in guerra che affrontano il carcere militare o peggio. Abbiamo anche organizzato una raccolta fondi per la difesa legale di giovani obiettori e associazioni pacifiste in diversi territori di guerra». A Ferrara il Movimento Nonviolento ha radici profonde. Già nel deputato socialista Giacomo Matteotti e nell’insegnante Alda Costa, perseguitati dai fascisti, si coglie una coerente opposizione e una proposta che si avvicina al pensiero nonviolento. Più fermo e radicale contro la guerra fu Silvano Balboni, giovane antifascista morto a soli 26 anni, che scelse di disertare al richiamo alle armi, costretto per questo a vivere in clandestinità. «Gli esempi storici di pratiche nonviolente risalgono a molto lontano, ma in Italia è il filosofo e pedagogista Aldo Capitini a immaginare una nonviolenza organizzata. Il Movimento si costituisce nel 1962, all’indomani della prima Marcia per la pace e la fratellanza tra i popoli da Perugia ad Assisi, indetta da Capitini stesso. Con lui altri due ferraresi: Pietro Pinna e Daniele Lugli».

Pietro Pinna è considerato il primo obiettore di coscienza politico alla leva militare. Daniele Lugli, docente e attivista, collabora con Capitini e partecipa al Gruppo di Azione Nonviolenta che, con Pinna e pochi altri, introdusse in Italia il dibattito sull’obiezione di coscienza al servizio militare. Fino alla sua scomparsa due anni fa, è stato un punto di riferimento locale e nazionale per le tematiche di pace, nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, e per la costruzione di “una società civile degna dell’aggettivo”. «“Silvano Balboni era un dono” è lo studio di Daniele Lugli sul giovane antifascista ferrarese – prosegue Buccoliero –, mentre nel suo quaderno “Giacomo Matteotti obiettore di coscienza” evidenzia un collegamento molto chiaro con la nonviolenza. Come della maestra Alda Costa amava ricordare il rifiuto di educare i bambini all’elogio della guerra». In piena coerenza con la sua storia, il Movimento Nonviolento promuove l'opposizione alla guerra, lo sfruttamento e l'oppressione, attraverso tutte le tecniche della nonviolenza, dalla denuncia alla testimonianza, dal digiuno allo sciopero, alla disobbedienza civile, organizza banchetti e incontri nelle scuole, partecipa a manifestazioni e presidi come quello del primo gennaio, e pubblica la rivista Azione Nonviolenta. «Nel 2026 – conclude Buccoliero – riproporremo la campagna “Un’altra difesa è possibile”. Tra le proposte c’è l’opzione fiscale: con la dichiarazione dei redditi, ciascuno sceglierebbe se spendere per la pace o per la guerra». 

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