La Nuova Ferrara

Sanremo 2023
L’analisi

L’indecisione di Blanco: l’inconciliabile equilibrio tra il sacro e il profano

di Cesare Bonifazi
L’indecisione di Blanco: l’inconciliabile equilibrio tra il sacro e il profano

Il cantante bresciano, al centro delle polemiche per la devastazione sul palco di Sanremo, non dà un messaggio chiaro sul suo personaggio e quel gesto rischia di rimanere vano

08 febbraio 2023
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Blanco si affida a una poesia e chiede scusa. All’Ariston, principalmente, che paragona alla mamma che lo voleva diverso. Parla di una “caduta” proprio nel posto in cui ha “imparato a correre”. Blanco ha lasciato una carneficina di rose rosse al suo passaggio al Festival di Sanremo: un inconveniente tecnico all’impianto audio, le richieste d’aiuto ai tecnici che non vengono ascoltate, l’adrenalina che sale e in un secondo stava già zompando avanti e indietro distruggendo la scenografia. Il pubblico in sala fischia, Amadeus prova a rimediare invitandolo a cantare più tardi ma l’opportunità appassisce e dal palco rimane solo la polemica.

«Cadono fiori, si spezzano fiori, cala il sipario, Ariston – così scrive l’ex vincitore di Sanremo - ti ho messo in lacrime come la mia mamma. Mi hai visto fragile come un bimbo. E qui proprio qui, dove mi hai insegnato a correre. Sono caduto. Mi sono rotto la faccia e piango. Ma poi… Rido, rido, rido e grido. Perché non sono perfetto come mi volevi. Ma finalmente sono me stesso. Ti voglio bene Ariston con tutta la mia follia». Parole che Amadeus prende e dice di accettare, insieme alle scuse personali ricevute per telefono. Capitolo archiviato in conferenza stampa.

Adesso rimangono alcune domande. È stato uno scivolone e si è lasciato andare a una “maleducazione” non edificante? È stato forse gesto da rockstar esasperata che incarna il malessere dei Gen Z? Una devastazione preparata a tavolino che ricalca le scene del suo videoclip e che sarebbe avvenuta comunque? Critici, politici, commentatori e gente comune, hanno tutti un’idea.

Le opinioni degli italiani si dividono: condannare o assolvere il compositore bresciano, che non è nuovo a questo tipo di colpi di testa. Proprio in Toscana, a Lucca, era luglio 2021, aveva avuto un altro inconveniente tecnico: era scappato in camerino, dove la sua rabbia ha distrutto porte e arredamenti e poi è tornato al suo pubblico in lacrime. Un copione, forse.

Quello che stupisce è che se ne parli a ore e ore dall’accaduto. La platea di Sanremo è abituata a questo tipo di gesti plateali: nel 2001 la band rock Placebo spaccò gli strumenti al termine dell’esibizione. La reazione i presenti? Identica a quella di martedì. Gli esempi nella storia della musica, rock e pop, sono innumerevoli e anche più illustri: dagli Who ai Nirvana, ultimi i Maneskin. Distruggere qualcosa sul palco è diventato ormai quasi un cliché per quegli artisti giovani che incarnano una crescente rabbia generazionale. Differentemente dai Placebo di 22 anni fa, Blanco non ha fatto il dito medio scappando dal palco: è rimasto lì a biascicare scuse e giustificazioni. Ha scritto una poesia, una canzone, un testo, facendo capire di averlo composto alle 4.30 del mattino.

Il punto non è l’esempio che potrebbe dare Blanco ai giovani con il suo gesto: si ritornerebbe precipitosamente all’aprile del 1999 quando ci fu il massacro di Columbine. Per quella strage nella scuola del Colorado, che costò la vita a 15 persone, fu detto che Marilyn Manson era il “mandante morale”. Niente di più sbagliato. La musica ha sempre proposto anche i “cattivi esempi”: lo erano persino i Beatles.

La questione verte piuttosto sullo stesso Blanco. Al di là della specifica motivazione che lo ha spinto ad agire in quel modo scioccante per la platea ingessata di Sanremo, il cantante non ha dato una linea precisa sul suo personaggio. È il giovane rabbioso che spacca tutto spinto dai moti dell’anima oppure è il ragazzo tenero che piange e sa emozionarsi? Forse entrambe le cose.

Se è vero che non esiste un luogo più sacro nella musica italiana come l’Ariston, lo è anche il fatto che la musica non ha schemi. Basta saper scegliere da che parte stare: da quella del sacro o da quella del profano. Entrambe, non si può.