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Milano

Caso Pifferi. Battaglia tra periti al processo. La sorella: «Ha ucciso Diana»

Francesco Floris e Stefano Bertolino
Caso Pifferi. Battaglia tra periti al processo. La sorella: «Ha ucciso Diana»

In aula sfida tra consulenti sulla psiche della donna che ha lasciato morire la figlia. ma la sua stessa famiglia la accusa: «L’ha lasciata sola per andare a divertirsi»

16 marzo 2024
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Milano Alessia Pifferi è una persona malata con una «menomazione» psichica che si porta dietro «da tutta la vita» oppure una «donna fragile» con «tratti psicopatologici» ma sana e senza «disturbi di personalità». L’ultima battaglia fra periti sulla psiche della 38enne, imputata per l’omicidio volontario pluriaggravato dalla figlia Diana di 18 mesi, si è consumata venerdì 15 marzo nell’aula della Corte d’assise di Milano a un mese, al più tardi due, dalla sentenza.

Il 12 aprile o il 13 maggio i giudici popolari, guidati dal presidente Ilio Mannucci Pacini, si ritireranno in camera di consiglio per decidere del suo destino. «Sapeva entrare e uscire dai rapporti», è la fotografia lapidaria della mente di Pifferi che offre il perito della Corte, Elvezio Pirfo. Entrava e usciva dai rapporti con gli uomini come forse è uscita dal “rapporto” con la bimba il 14 luglio 2022 quando, per l’ultima volta, si è chiusa alle spalle la porta della casa di via Parea a bordo di un Ncc «privilegiando il suo essere donna che l’essere madre».

Farà rientro sei giorni dopo, trascorsi con il fidanzato, quando il corpo di Diana è ormai freddo da 24-48 ore, morta di stenti e disidratazione. Interrogato dall’avvocata Alessia Pontenani nel penultimo atto del processo, lo psichiatra forense torinese ribadisce quanto messo nero su bianco in 126 pagine di relazione che hanno accertato la capacità di intendere e di volere. Pifferi presenta «tratti di dipendenza e inadeguatezza ma anche una grande capacità di resilienza, di non mollare mai rispetto agli eventi avversi della sua vita», afferma. I «due aspetti clinici» su cui focalizzarsi sono «la dipendenza», in particolare dagli uomini, e «l’alessitimia (mancanza di empatia ndr)» che la fa vivere come «dietro a un vetro che impedisce il passaggio di emozioni». «Elementi indiscutibili» che «hanno influito» sul suo comportamento e da tenere in considerazione nel ricostruire la «catena umana» di «decisioni» ma senza mai configurare «di per sé una malattia».

La difesa chiama a testimoniare il proprio consulente, Marco Garbarini. Per lui «personalità e funzionalità descritte» da entrambi i medici «non sono così dissimili». «La differenza, enorme in ambito psichiatrico-forense, è che io la inserisco in un disturbo delle sviluppo intellettivo e quindi in una patologia psichiatrica» e «il perito no». La donna avrebbe una «menomazione del funzionamento che da sempre ha evidenziato nella sua vita», un ritardo. Risponde ai test a cui è stata sottoposta come un «disco rotto». Se «le sue risposte fossero simulate – aggiunge riprendendo un termine della perizia – sarebbero quelle di una persona che ha un dottorato in neuroscienze». Secondo lo psicopatologo forense alcuni test della “batteria” a cui è stata sottoposta per 90 giorni equivalgono a “gettare in aria una moneta e vedere se esce testa o croce». Inoltre «identificano in due terzi dei casi pazienti con oggettiva e genuina condizione clinica come simulatori». A tre settimane da requisitoria e arringhe in Tribunale entra anche la lettera del parroco che l’ha conosciuta da bambina. Don Agostino Brambilla «si è fatto avanti», spiega la legale. «Dice che era una bambina fragile e isolata, con dei seri problemi di tutti i tipi. Ha descritto Alessia meglio di come l’hanno descritta tutti gli psicologi e psichiatri che l’hanno vista» come «una bambina che non è mai cresciuta» e a Ponte Lambro «tutti lo sapevano».

«In questo processo non si parla più di Diana, mia sorella ha scelto di lasciarla sola in casa per andare a divertirsi», accusa la sorella dell’imputata, Viviana Pifferi, con la madre parte civile rappresentata dall’avvocato Emanuele De Mitri. «È morta di fame e sete in sei giorni, in giornate caldissime in cui lei è tornata a due passi da casa e non è andata da sua figlia». «Queste sono decisioni», conclude. © RIPRODUZIONE RISERVATA