La Nuova Ferrara

Il caso

Nuovo arresto in Iran per un velo non portato: le proteste in tutto il mondo

di Luca Mirone
Nuovo arresto in Iran per un velo non portato: le proteste in tutto il mondo

La donna stava mangiando con un'altra persona, forse un'amica, in un caffè senza velo ma poi ha chiamato la sorella per comunicarle che era in prigione. Da Roma a Tokyo, tante le manifestazioni per Mahsa, la 22 enne morta

01 ottobre 2022
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ROMA. L'Iran degli ayatollah continua a mostrare il suo volto più duro nella difesa dell'ortodossia religiosa, nonostante la crescente ondata di proteste nel Paese per la morte della 22enne Mahsa Amini. La polizia ha arrestato un'altra donna, in un bar di Teheran, perché non portava il velo, e la notizia è trapelata in una giornata di manifestazioni di solidarietà per la giovane curda e contro la repressione delle autorità di Teheran, che si sono svolte in 150 città in tutto il mondo. Anche in Italia.

La donna fermata nella capitale iraniana, Donya Rad, stava mangiando con un'altra persona, forse un'amica, in un caffè. Entrambe senza velo. Il caso è scoppiato dopo diffusione on-line di una foto del pranzo, iniziata a circolare mercoledì scorso. Proprio dopo la pubblicazione dell'immagine, le forze di sicurezza sono intervenute, contattando Donya per chiederle spiegazioni.

E «dopo alcune ore senza notizie - ha denunciato la sorella - Donya mi ha detto in una breve telefonata di essere stata trasferita nella prigione di Evin», struttura in cui il regime incarcera i dissidenti politici. Il fermo di Donya è arrivato mentre si fa sempre più dura la repressione del regime contro la protesta dilagata in tutto il Paese nelle ultime settimane in nome di Masha: la giovane di origini curde morta il 19 settembre scorso dopo essere finita in coma, in seguito al suo arresto da parte della famigerata polizia morale della Repubblica Islamica. Che l'aveva accusata di non aver rispettato le regole del codice di abbigliamento. Il pugno duro contro i manifestanti, che secondo attivisti dei diritti umani avrebbe provocato oltre 80 vittime, finora comunque non è riuscito a fermare le manifestazioni, che si sono svolte anche in questo fine settimana.

«Donna, vita, libertà», è stato uno degli slogan cantati per le strade della città natale di Amini, Saqqez, nella provincia del Kurdistan, mentre le riprese video condivise dal gruppo Iran Human Rights con sede a Oslo hanno mostrato gli studenti sfilare anche in altre città, tra canti e donne che si sono tolte il velo. In loro sostegno la mobilitazione è scattata ben oltre i confini dell'Iran. Cortei sono stati convocati in oltre 150 città, da Auckland a New York e da Seul a Zurigo, in Italia a Roma, Milano e Bologna. Nella capitale alcuni manifestanti hanno mostrato vicinanza ai ragazzi iraniani tagliandosi i capelli e intonando "Bella Ciao”.

Secondo il partito radicale, almeno in trecento si sono radunati davanti all'ambasciata iraniana. A Teheran nel frattempo si è vissuta una giornata di tensione, con scontri tra la polizia e giovani che si erano radunati vicino all'università per chiedere il rilascio degli arrestati. In un clima così incandescente, che non si verificava nel Paese dal 2019, durante le proteste per il caro-carburante, è intervenuto il leader riformista Hossein Mousavi.

L'ex candidato presidenziale, ai domiciliari per oltre dieci anni per aver guidato la cosiddetta Onda verde, ha lanciato un appello alle forze di sicurezza per la fine delle violenze. Le autorità di Teheran, tuttavia, hanno tenuto il punto: il ministero dell'Intelligence iraniano ha presentato un rapporto secondo cui gruppi ritenuti terroristi, anche dall'estero, hanno incitato le proteste con propaganda, ed anche procurando materiale esplosivo. Mentre in precedenza il ministero degli esteri aveva comunicato l'arresto di 9 stranieri provenienti da diversi paesi europei, inclusa l'Italia, con l'accusa di essere coinvolti o di essere stati nei luoghi delle proteste.

E sarebbero "terroristi" anche i responsabili dell'uccisione di due colonnelli dei Pasdaran, durante un assalto ad una stazione di polizia nel Beluchistan, al termine di scontri che hanno provocato almeno 40 morti (dopo le voci di uno stupro di cui si sarebbe macchiato un agente). Abbastanza, secondo il governo ultraconservatore, per temere che una protesta apparentemente senza leader possa diventare qualcosa di più strutturato.