Studente del Baggi bocciato: la famiglia porta la scuola in tribunale, ma perde
Per i genitori l’istituto non aveva tenuto conto delle sue difficoltà, ma i giudici del Tar hanno respinto il ricorso
SASSUOLO. Niente da fare: la bocciatura resta. La storia arriva da Sassuolo, dove i genitori di uno studente dell’Istituto “Alberto Baggi” avevano deciso di rivolgersi ai giudici amministrativi per contestare la decisione del consiglio di classe di non ammettere il ragazzo all’anno successivo. Una battaglia iniziata a giugno, subito dopo gli scrutini finali, e arrivata nei giorni scorsi davanti al Tar. Ma la risposta dei giudici è stata chiara: il ricorso non ha fondamento e la promozione non può essere concessa.
La pagella
I genitori avevano impugnato la pagella di giugno sostenendo che la scuola non avesse tenuto conto delle difficoltà specifiche dell’alunno, che solo a marzo aveva ricevuto il piano didattico personalizzato. Per la famiglia, quella consegna tardiva avrebbe inciso sul percorso scolastico, impedendo al ragazzo di usufruire in tempo degli strumenti previsti per il suo apprendimento. Nel ricorso si chiedeva quindi di annullare la bocciatura e di sospendere in via cautelare gli effetti degli atti impugnati, consentendo al giovane di frequentare la classe successiva in attesa della decisione definitiva.
La sentenza
Il Tar, però, non ha accolto la domanda. Nell’ordinanza viene sottolineato che la decisione del consiglio di classe «appare pienamente intellegibile e satisfattiva dell’obbligo motivazionale». In altre parole: le ragioni della bocciatura sono state spiegate in modo chiaro e non emergono violazioni del diritto dell’alunno alla personalizzazione dell’apprendimento. Un punto decisivo, secondo i giudici, è che lo studente «non ha raggiunto gli obiettivi formativi e di contenuto propri delle discipline oggetto del corso di studio». Un limite che, prima ancora della questione procedurale, preclude in concreto la possibilità di affrontare con profitto la classe successiva. La richiesta di sospensione cautelare è stata quindi respinta. Non solo: i genitori sono stati condannati anche al pagamento delle spese legali, quantificate in 1.500 euro a favore del Ministero dell’Istruzione e del Merito, che in giudizio era difeso dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna.
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