La Nuova Ferrara

Mafie

Beni confiscati: in regione 177 riassegnati ma rimane tanto da fare

Francesco Dondi
Beni confiscati: in regione 177 riassegnati ma rimane tanto da fare

La mappatura di Libera di abitazioni, terreni e aziende. Esperienze decollate a Reggio e Modena, Ferrara in rampa

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Tante, troppe volte sono arrivati annunci entusiasti sulla riassegnazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. A ogni passaggio burocratico ci si avvicinava alla meta ma sono ancora troppo poche – rispetto ai numeri complessivi – le case, i terreni, le aziende che vengono reimmessi nel circuito legale. La mappatura dei progressi continua a proporla l’associazione Libera, attraverso la ricerca “Raccontiamo il bene. Le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie”. Libera ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati. Sono 991 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli Enti locali, in ben 18 regioni, in 359 Comuni. Una rete di esperienze in grado di fornire servizi e generare welfare, di creare nuovi modelli di economia e di sviluppo, di prendersi cura di chi fa più fatica. Più della metà delle realtà sociali è costituita da associazioni di diversa tipologia (525) mentre le cooperative sociali sono 217 (con 5 cooperative dei lavoratori delle aziende confiscate e 26 consorzi di cooperative) .

Nella ricerca Libera ha ricostruito la tipologia di immobili gestiti dai soggetti gestori; in molti casi la singola esperienza di riutilizzo comprende più beni confiscati, anche di tipologia catastale diversa.

Il 40% riguarda appartamenti, abitazioni indipendenti, immobili; il 18% ville, fabbricati su più livelli e di varia tipologia catastale o palazzine; il 19% terreni agricoli, edificabili e di altra tipologia (anche con pertinenze immobiliari); il 10% locali commerciali o industriali, capannoni, magazzini, locali di deposito, negozio, bottega, uffici.

In Emilia-Romagna sono 13 le diverse realtà impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata tra Bologna, Parma, Forlì-Cesena, Ravenna, Piacenza e Reggio Emilia. Tra i soggetti gestori del terzo settore ci sono 5 associazioni, 4 coop sociali o consorzi di cooperative, 4 enti pubblici con il terzo settore. Sei soggetti gestori svolgono le loro attività in appartamenti, a volte con box auto o con dei piccoli giardini; 2 esperienze hanno in gestione delle ville, mentre 2 sono le esperienze su terreni a uso agricolo. Inoltre, 8 soggetti gestori svolgono attività che sono legate a servizi di welfare per la comunità: 3 si occupano di promozione del sapere, del turismo sostenibile e della cultura; 2 sono nel mondo dell’agricoltura; un soggetto ha scelto di intitolare l’esperienza a una vittima innocente delle mafie.

In occasione dell’anniversario Libera ha elaborato i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (al 25 febbraio 2022): in Emilia-Romagna sono 177 i beni immobili destinati ai sensi del Codice antimafia, mentre sono in totale 939 gli immobili ancora in gestione e in attesa di essere destinati. Sono 51 le aziende confiscate e destinate mentre sono 105 quelle ancora in gestione. Gli esempi virtuosi sono diversi, i camion confiscati e donati ai vigili del fuoco oppure gli immobili recuperati ai vari personaggi reggiani dell’inchiesta Aemilia o ancora il villino del capo dei Casalesi a Nonantola oppure, sempre nel Modenese, l’abitazione di Maranello che diventa un bed and breakfast. O ancora l’imponente complesso di Longastrino, nel Ferrarese, da tempo entrato nel percorso di riassegnazione ma non ancora tornato nelle mani della legalità. Esempi da cui partire e su cui accelerare per evitare il “rischio svalutazione”, termine coniato dall’avvocato Rosario Di Legami, amministratore giudiziario di grande esperienza e che in Emilia è tra i maggiori esperti.l