La Nuova Ferrara

Reggio Emilia

«La mafia al nord è la più forte. L’indifferenza è una malattia»

Serena Arbizzi
«La mafia al nord è la più forte. L’indifferenza è una malattia»

Centinaia di studenti di Unimore applaudono don Luigi Ciotti, fondatore di Libera: «La scuola fa più paura della giustizia alla criminalità: la cultura la disturba»

25 marzo 2023
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Reggio Emilia «L’indifferenza è una malattia mortale, la rassegnazione e la delega al cambiamento sono pericolose. Noi dobbiamo essere il cambiamento: l’università ha un ruolo fondamentale, perché la mafia, come diceva Antonino Caponnetto, teme di più la scuola che la giustizia. E spero che la parola “antimafia” vada in quarantena: è un cavallo di Troia dove si può nascondere il malaffare».

È un fiume in piena che ha acceso gli entusiasmi di una platea di ragazzi e ragazze dell’università e delle istituzioni, don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera, che si batte contro le mafie. Ieri, don Ciotti è stato accolto da lunghi applausi a Palazzo Baroni, dipartimento di Educazione e Scienze Umane di Unimore. Dopo l’introduzione del rettore Carlo Adolfo Porro, della direttrice di dipartimento Annamaria Contini, del sindaco Luca Vecchi, del presidente della Provincia Giorgio Zanni e della prefetta Iolanda Rolli, gli interventi sono entrati nel vivo del tema: “L’impegno della formazione nella lotta alle mafie: l’importanza della scuola e dell’università”. Coordinati da Massimiliano Panarari, si sono susseguiti gli interventi di don Ciotti, della senatrice e pilastro legale di Libera, Vincenza Rando, del procuratore capo Calogero Gaetano Paci e del professore Antonio Gariboldi.

«Deve esserci una lotta collettiva contro la peste della mafia e la bisogna fare andando alla radice del problema – spiega don Ciotti andando dritto al cuore del tema –. Occorre far emergere le positività del nostro Paese, ma avere anche l’onestà delle verità scomode. Le mafie si rigenerano a una velocità impressionante. L’ultima mafia è sempre la penultima: il codice genetico di queste organizzazioni impone di trasformarsi, di sopravvivere. Oggi sta avvenendo questo. La scuola fa crescere la coscienza, il senso di responsabilità, per combattere contro l’indifferenza, la superficialità e l’ignoranza in cui ingrassano le mafie. Il vero problema in Italia è che a fare la differenza è l’indifferenza. Da crimine organizzato mafioso si è passati a crimine normalizzato. Nella testa di tante persone, siccome non ci sono più le grandi stragi, scatta l’associazione che le mafie sono più deboli. Invece no, sono ancora più forti. Sparano di meno perché non ne hanno bisogno: hanno creato connessioni con segmenti politici, con poteri economici e con la massoneria deviata».

Il processo Aemilia è una pietra miliare, ma occorre proseguire l’impegno contro la criminalità organizzata. «La mafia al nord è la più forte, la più presente in questo momento – prosegue il fondatore di Libera –. Tanto è vero che la giornata della memoria e dell’impegno l’abbiamo organizzata al nord, a Milano. Ma le mafie al nord c’erano già da decenni. Siamo noi che non ne avevamo preso coscienza prima. Dobbiamo unire le nostre forze, la società civile deve essere anche responsabile, si deve assumere responsabilità».

Non sono mancate le stilettate in riferimento ai più importanti fatti di attualità. «Matteo Messina Denaro era latitante da trent’anni – attacca don Ciotti –. Questo denuncia anche la latitanza di chi avrebbe dovuto fare la sua parte». E arriva la strenua difesa di chi è stato ostacolato nel fare il proprio lavoro, come il «prefetto Fulvio Sodano, cacciato perché aveva cercato di bloccare delle operazioni. Si era accorto che volevano restituire beni confiscati ai Virga e dietro c’era Messina Denaro».

«Le mafie oggi sono diventate moderne imprese – aggiunge don Ciotti –. Possono contare sulla violenza bianca di capitali sporchi, hanno disponibilità di sofisticate tecnologie digitali. La parte da gigante la fanno i reati tributari, uno dei modi più utilizzati per il riciclaggio».

«Sogno la città educativa – conclude il fondatore di Libera – in cui ci siano continuità nella lotta alle mafie, corresponsabilità, condivisione, con il “noi” che vince, insieme a una rinascita da idee e pratiche rivelatesi inadatte. Dobbiamo recuperare relazioni, non connessioni». l