La Nuova Ferrara

Val d’Enza

La Festa del Grano è un caso politico: il sindaco di Gattatico nega il cambio di destinazione d’uso, il Tar lo stoppa

Jacopo Della Porta
la folla di domenica sera alla festa del grano di olmo attorno al 
tendone del liscio
la folla di domenica sera alla festa del grano di olmo attorno al tendone del liscio

In autunno il consiglio comunale sarà chiamato a prendere una decisione che sarà decisiva per il futuro della festa

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Gattatico Per quasi quarant’anni è stata un punto fermo dell’estate reggiana. La Festa del Grano di Olmo, nata nei primi anni Ottanta, radunava ogni agosto migliaia di persone con una formula che univa gastronomia, spettacoli, musica e dimostrazioni legate al mondo contadino. L’ultima edizione si è svolta nel 2019, la numero 37, prima dello stop imposto dalla pandemia. La ripartenza si è dimostrata più difficile del previsto, anche per la crescente difficoltà a reperire volontari.

Ora il caso è diventato politico, perché in autunno il consiglio comunale sarà chiamato a prendere una decisione che sarà decisiva per il futuro della festa. Gli organizzatori del Circolo Acli San Vitale hanno infatti chiesto al Comune un cambio di destinazione d’uso dell’area per poter rendere stabili alcune strutture. Si tratta di una possibilità prevista dall’articolo 20 della legge regionale 15 del 2013, che consente deroghe agli strumenti urbanistici solo se l’iniziativa è riconosciuta di interesse pubblico. A giugno il sindaco Daniele Finucci ha però bocciato la richiesta, ma gli organizzatori - tramite l’avvocato Ermes Coffrini - hanno presentato ricorso al Tar. Il 22 luglio il tribunale ha accolto in via cautelare il ricorso, ordinando al Comune di riesaminare la pratica in consiglio comunale entro 90 giorni.

«Il sindaco - spiega Coffrini - ha assunto un provvedimento che non gli competeva, perché la valutazione sull’interesse pubblico spetta esclusivamente al consiglio comunale. È l’unico organo titolato a bilanciare gli interessi in gioco. Dovrà ragionare in termini di interesse pubblico: qui non c’è alcun fine di lucro, ma una manifestazione che per decenni ha dato vita a un territorio altrimenti privo di spazi aggregativi». Il cuore del problema è la cucina. A norma di legge, dovrebbe essere smontata dopo ogni edizione perché in quell’area non c’è l’autorizzazione a una struttura fissa. Gli organizzatori hanno pertanto chiesto di trasformare una parte del terreno, oggi agricolo, in area a destinazione pubblica limitata a manifestazioni di questo tipo.

A Olmo, frazione di 100 abitanti senza bar o ristoranti, per tre settimane in agosto si radunavano anche 3.500-4.000 persone a sera, grazie a un’organizzazione che coinvolgeva oltre cento volontari. C’erano cinque palchi attivi contemporaneamente: dalle orchestre da ballo alle band giovanili, dagli spettacoli dialettali ai balli latino-americani. Ogni sera un tema diverso legato alla cultura agricola: la trebbiatura, la cottura del formaggio, la vita contadina. Era una festa che attirava visitatori da tutta la provincia e da fuori regione. Non era soltanto gastronomia, ma un grande contenitore di socialità e cultura popolare. E per garantire sicurezza e regolarità, gli organizzatori avevano introdotto misure spesso assenti in altre sagre: sedie legate tra loro per garantire le vie di fuga, controlli sanitari, ingressi contingentati con biglietto e registrazione delle presenze, tasse regolarmente versate.