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Dal tribunale

Femminicidio Matteuzzi: per l’ex della pavullese confermato il carcere a vita


	Alessandra Matteuzzi uccisa da Padovani
Alessandra Matteuzzi uccisa da Padovani

La condanna definitiva per Padovani autore del femminicidio: la 56enne uccisa a Bologna nell'agosto del 2022

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PAVULLO. Carcere a vita. I giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione hanno scritto la parola fine sul processo che vedeva imputato Giovanni Padovani, ex calciatore e modello, per il femminicidio di Alessandra Matteuzzi. La 56enne di origini pavullesi uccisa a pugni, calci, martellate e colpi di panchina il 23 agosto 2022 sotto casa, a Bologna. I giudici della prima sezione penale della Cassazione hanno rigettato il ricorso della difesa contro la sentenza dello scorso novembre con cui la Corte d'Assise d'Appello di Bologna aveva confermato l'ergastolo inflitto in primo grado al 28enne. A Padovani erano contestate anche le aggravanti dello stalking, del vincolo del legame affettivo, dei motivi abietti e della premeditazione.

La sorella
«È giusto che lui paghi. Ci tenevo tantissimo, è la pena massima che si può dare. Lui ha distrutto la vita di mia sorella ancora prima di ucciderla, ha distrutto tutti noi – così Stefania, sorella di Alessandra – Mia sorella la giustizia l'ha avuta, io il dolore me lo porterò dietro tutta la vita», aggiunge. Alessandra, come detto infatti era di origini pavullesi, era figlia di Maria Bartolini di Coscogno, e tutte le estati da piccola tornava lì, nella casa di famiglia.

Dal tribunale
Era l’agosto del 2022 quando, davanti alla propria casa, a Bologna, Alessandra venne aggredita e uccisa a colpi di martello e di panchina da Padovani (anche ex calciatore del Carpi). Le aggravanti che hanno pesato nella decisione dei giudici sono quelle dello stalking, della relazione sentimentale, della crudeltà e della sua premeditazione. La Procura aveva chiesto la conferma della condanna, che è arrivata. Durante il processo, gli esperti del tribunale hanno escluso qualsiasi forma di incapacità mentale da parte dell’imputato. Secondo quanto emerso, Padovani avrebbe simulato una patologia psichiatrica per tentare di influenzare le perizie, studiando risposte atte a manipolare le valutazioni cliniche. I giudici di secondo grado avevano respinto ogni richiesta di effettuare nuove perizie. Nelle motivazioni della sentenza d’Appello si legge che l’imputato ha trattato la vittima come un oggetto, negandole il diritto all’autodeterminazione e alla libertà personale. L’omicidio, come si legge negli atti , era stato dettato dalla «rabbia per essere stato lasciato e dall’ossessiva convinzione di essere stato tradito».

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