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«Energia e passione» La ricetta di Ravagni per la Vassalli 2G

di Marco Nagliati
«Energia e passione» La ricetta di Ravagni per la Vassalli 2G

Basket A1/F. Il coach in redazione: il miracolo Vigarano Da una cantinetta nel 2005 allo sbarco nella massima serie

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FERRARA. La pazza idea prende corpo in una serata agostana del 2005. Interno notte, cantinetta di casa: a Vigarano Mainarda, un manipolo di appassionati cestisti getta i primi semi di quella che diventerà una delle più incredibili e vincenti avventure sportive italiane. A casa Ravagni nasce la Pallacanestro Vigarano, parteciperà al campionato di serie C. Lo domina e da lì mette fondamenta un trampolino che ha fatto storia: sei promozioni in nove campionati, due coppe Italia vinte. In A1 al termine della stagione 2012, alla quale la società dovette rinunciare. In A1 anche dopo l’ultima annata: stavolta la Vassalli 2G affronterà il moloch. Raffaele Ravagni è uno dei soci fondatori; è uomo mercato. È, soprattutto, il coach. Sempre sulla panchina da capo allenatore, affiancato dal vice Frignani e da Stefania Campana. Hanno vissuto tutto, visto ogni cosa. Il sito specializzato Eurobasket ha eletto Ravagni “allenatore dell’anno”. Una parabola da romanzo d’avventura: la piccola squadra di un piccolo Comune si batte contro i totem. Ravagni è venuto in redazione a raccontare...

«La pazza idea si è concretizzata perché un gruppo di giocatrici aveva chiesto una mano. Dissi: “Vi aiuto se le cose le facciamo bene”. Abbiamo iniziato e avevano un sogno: salire in A2 dopo cinque anni». Sorriso. È arrivata l’A1, alla faccia dei sogni. »Già, siamo andati decisamente oltre». La formula, Ravagni: spieghi in cosa Vigarano è così unica. Il coach si prende un secondo, prima di rispondere: «La passione. Nostra, ma anche dall’amministrazione comunale. Senza l’appoggio degli amministratori avremmo fatto poco. Staff e giocatrici ci hanno messo parecchio, però senza Comune e imprenditori che si sono aggiunti via via non saremmo riusciti a realizzare così tanto. La nostra unicità? Lavoriamo molto. L’idea è ingaggiare giocatrici che non si accontentano di essere quello che sono, ma che cercano qualcosa in più».

Energia e passione: questo il motto della Pallacanestro Vigarano. «Le cose statiche non mi piacciono. Il mio gioco riflette questo stato d’animo: molta velocità e pressione. Contropiede e movimento». Raffaele Ravagni è nato a Ferrara, il 18 gennaio del ’67, è agente assicurativo. Cestisticamente è cresciuto sotto l’ala di storici allenatori estensi: Pozzati, Perini, Mardegan. È stato vice di Furlani (attuale head coach della Pallacanestro Ferrara): «Una volta conosciuto De Sisti - sussurra Ravagni - ho amato questo sport». Sempre impegnato nelle giovanili, due anni a Brescia. Il ritorno e ancora ad occuparsi di vivaio. Poi è nata Vigarano. «Più si va avanti - spiega Raffaele - e più è difficile mantenere la nostra dimensione familiare. L’A1 è arrivata perché dietro c’è un lavoro enorme, utilizzando tutto il nostro tempo libero». Adesso la Vassalli 2G è due “spanne sopra il cielo”, ovvero in una categoria che sembra un’altra galassia rispetto a Vigarano. Ravagni guarda il telefonino, lo rigira. Sospira: «Per la prima volta, quest’anno guarderò alla formula playout; finora mi ero sempre rifiutato di farlo. Ora sarà bene buttarci l’occhio. In queste settimane stiamo rendendoci conto dell’altro mondo in cui metteremo piede». Ha mai pensato di entrarci definitivamente, in questo universo parallelo? «Richieste, in passato, ne ho avute. Ma fatico a pensare di allenare nella femminile come professionista. Se hai altri introiti, okay: sennò c’è da essere pazzi».

Beh, c’è da consolarsi guardando l’albo d’oro... «L’aspetto “devastante” - dice di getto Ravagni - è che non ho mai gioito bene. Perché questa passione tende sempre a farti guardare avanti. C’è una tensione perenne verso il futuro. Credo che proprio noi ci rendiamo meno conto di quanto fatto. C’è maggiore consapevolezza all’esterno. Non ci siamo mai detti bravi, abbiamo sempre preteso di più. Ora, in A1, siamo sovradimensionati». Ecco, la massima serie ritrovata. Due anni fa decideste per l’autoretrocessione: come ricaricare pile e motivazioni per restare vincenti? «Rinunciare a fare il massimo, pur ripartendo dall’A3, sarebbe stato troppo semplice. Non me la sono sentita di ritirarmi: per me la cosa principale è la Pallacanestro Vigarano e non il mio curriculum. Come socio fondatore ce l’ho a cuore. Quindi siamo ripartiti dalle giovani e da qualche esperta che ha creduto nel progetto. Ci siamo rimessi in gioco. Abbandonare il paese e le nostre abitudini sarebbe stato assurdo. In fondo è giusto che Vigarano sia conosciuto in Italia non solo per i mobili Dondi». Come si sente in qualità di coach dell’anno? «Fa piacere, ovvio. Però mi piace di più quando una giocatrice che lascia Vigarano mi ringrazia in quanto è diventata una cestista migliore. Piccole briciole di crescita tecnica che mi gratificano». Fra due mesi inizia la grande avventura... «Ci siamo dati un budget: non possiamo fare errori nella scelta delle giocatrici. Società e sponsor sono encomiabili. Siamo tutti presi da questo vortice e quanto sarà difficile tutti se ne renderanno conto alla prima partita. Poi, mi dico: “Il peggio che ci possa capitare è retrocedere”. Ma non in C, bensì in A2».