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Spal, tre indizi fanno una prova

di Paolo Negri
Spal, tre indizi fanno una prova

Dopo Lucchese e Teramo, a Prato si è ripetuto il netto calo tra un tempo e l’altro

20 ottobre 2014
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FERRARA. Nessuna tragedia, ma un’attenta riflessione. La sconfitta patita sabato a Prato ha bruscamente interrotto la serie di risultati utili della Spal, fermatisi a quota sei. Ma ciò che ha veramente una valenza, soprattutto se si vuole un futuro di soddisfazioni, è capire esattamente cosa ha determinato la caduta in Toscana.

Le cifre dicono e non dicono. Sono importanti ma non spiegano tutto, se non vengono interpretate. La Spal a Prato ha subìto il primo gol su azione dal 6 settembre a Savona, seconda di campionato (al 23’ della ripresa il 3-1 dei liguri, con Demartis), ma non si può sottacere che col Teramo era stata salvata due volte dai legni ed aveva rischiato grosso in altre tre circostanze.

I biancazzurri sempre a Prato hanno inanellato la seconda gara di seguito senza gol all’attivo, e nelle ultime tre partite sono andati a segno solo grazie all’autogol di Fogacci a San Marino. Al contempo, come dimenticarsi che con Teramo e Prato sono stati annullati due gol validissimi a De Cenco?

La chiave di lettura, dunque, non va cercata nelle cifre ma nei contenuti. Nelle prestazioni e non nei risultati, spesso determinati dalle circostanze (sia quelle a sfavore che quelle propizie). La Spal di Prato ha presentato due volti. Nel primo tempo si è vista una squadra non scintillante, forse, ma decisamente convincente, nettamente superiore all’avversario, ben disposta in campo, ficcante, capace di giungere pericolosamente alla conclusione e di creare i presupposti per un vantaggio che sarebbe stato ampiamente meritato e che solo le circostanze (appunto) le hanno negato, vedi il gol assurdamente annullato a De Cenco. Lo ribadiamo: il miglior primo tempo offerto finora dalla Spal, quantomeno in trasferta. Lo svarione di fine frazione (quel netto fallo da rigore di Silvestri su Bocalon, non sanzionato dall’arbitro) ha però rischiato di inficiare tutto ed è comunque stato il preludio di una ripresa di tenore diametralmente opposto all’andamento del primo tempo. Da subito, al rientro in campo, la Spal è risultata accartocciata su sé stessa, incapace di uscire dal guscio, di avere un’idea, di esprimere una manovra accettabile, di essere pericolosa. Una passività perfettamente fotografata dall’azione del gol pratese, quando quel pallone aereo ha fatto avanti e indietro in area spallina venendo sempre intercettato e colpito dai toscani, spesso liberi (traversa di Fofana da un passo dopo la prima “torre”, e sulla ribattuta vincente di Ghidotti erano tre gli azzurri da soli), e poi dall’incapacità di organizzare una reazione apprezzabile.

Mister Brevi a precisa osservazione ha ribattuto che non c’è stato alcun calo atletico, ma “da fuori” ciò che più è parso evidente (e notato anche dagli osservatori locali che parlavano tra loro, senza che venissero imbeccati sul tema) è stato proprio il disagio di una squadra apparsa improvvisamente ferma, statica, lenta, pesante, priva di passo. Nettamente calata, appunto. E se non è una questione atletica, allora lo è di mentalità, di atteggiamento, il che sarebbe forse ancor più grave. Già, perchè questo repentino mutare tra un tempo e l’altro si era notato già con la Lucchese (ben prima dell’espulsione di Togni, e al di là del fatto che i toscani non abbiano creato pericoli) e ancor più col Teramo. Aggiungiamoci dunque Prato ed è chiaro che tre indizi sono chiaramente una prova: qualcosa non va, e lì si deve intervenire. In serenità. Caratteristiche individuali? Coperta corta? Difficoltà atletiche? Mentalità deficitaria? Lo stabilisca chi è “dentro”, per orientare il futuro. Il problema non è la classifica (cortissima, 11 squadre in 4 punti), quanto capire che la Spal del primo tempo di Prato può ambire ad un torneo nelle zone alte, mentre quella della ripresa farebbe preoccupare.

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