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Valdevit, la seconda vita «Con Duran e Becchetti punto al professionismo»

Enrico Ferranti
Valdevit, la seconda vita «Con Duran e Becchetti punto al professionismo»

Boxe. Originario del Burkina Faso, il welter si allena con la Padana Sogna la laurea in scienze motorie ed un cammino sportivo di valore 

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la storia

«No pain, no gain: nessun dolore, nessun guadagno. Per ottenere risultati bisogna soffrire».

Ali Marcel Valdevit – classe 1998 – ha il pugilato nel dna e già attraverso il suo motto dimostra un valore immenso. Originario del Burkina Faso, questo pugile di qualità da anni vive a Ferrara dove si è integrato perfettamente e, oltre a praticare il pugilato con ottimi risultati (con la Pugilistica Padana), frequenta con profitto il terzo anno di scienze motorie.

«La mia categoria da dilettante sono i pesi welter (69 kg; ndr ) - racconta -; pratico questo sport da circa due anni sotto la guida di Massimiliano Duran e Romano Becchetti, rispettivamente il mio maestro e il mio preparatore atletico. Ho disputato una decina di match, perdendone solo due. Inizialmente, quando avevo iniziato, ero titubante ma ben presto mi sono reso conto che questa era e sarà la mia strada sportiva».

«La boxe, lo sport in generale, mi regala emozioni infinite - prosegue Valdevit -; quando salgo sul ring mi sento più vivo; adoro questa realtà che mi ha già fatto capire tanti aspetti su cui lavorare. Continuo a prepararmi lavorando sodo: tra un paio di match passerò professionista».

Ecco, gli ambiziosi progetti futuri non mancano. «In primis voglio laurearmi, iniziare poi a lavorare come personal trainer e nel marketing sportivo. Per quanto riguarda il mio sport, mi ritengo ambizioso: ringrazio Massimiliano Duran e Becchetti per aver sempre creduto in me, questo mi motiva parecchio. Con tanto duro lavoro, costanza e determinazione i buoni risultati non tarderanno ad arrivare. Ora, però, mi focalizzo per il tre aprile quando si disputerà il Memorial Duran dove cercherò di fare – come sempre – il massimo».

«Ci tengo particolarmente a ringraziare anche i miei genitori - conclude Ali Marcel - perché portandomi in Italia mi hanno donato una seconda vita, permettendomi di studiare e di avere un tetto sopra la testa. Mi ritengo una persona fortunata». —

Enrico Ferranti

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