Ferrara Marco Nappi, romano classe 1966, calciatore e uomo d’altri tempi, resta idolo indiscusso delle folle che hanno tifato per le squadre in cui è transitato. E tra le varie piazze, la Genova rossoblù e Ferrara avranno per sempre un posto nel suo cuore. Il funambolo biondo, conosciuto comunemente anche come “Nippo” oppure “Foca Monaca” (per quello stupendo numero ai tempi della Fiorentina con pallone in fronte e via di corsa) , ora è allenatore all’Arzachena (in serie D nel girone sardo-campano-laziale). Laddove lo smeraldo domina la scena, assieme ai soffi del vento e all’odore inconfondibile dell’erica arborea. Nappi, innanzi tutto come sta e come le vanno le cose? «Molto bene, ogni giorno faccio ciò che mi piace e anche questa in Sardegna sta diventando un’esperienza fantastica. Diciamo che in questi anni sto facendo un bel po’ di gavetta, acquisendo esperienze di diverso tipo. Ho allenato nelle giovanili del Livorno, vincendo un campionato, poi deluso per non esser stato riconfermato, ho maturato qualche annata in Cina: prima a Luoyang come istruttore di calcio in un college che partecipava a importanti campionati liceali, poi al Bsu Beijing con l’under 17. L’arrivo del covid mi ha costretto a tornare in Italia e anche grazie ad Antonio Cassano, con il quale giocavo a padel a Genova, sono finito all’Arzachena (società di proprietà dell’ex spezzino Gabriele Volpi, ndr). Proprio Cassano mi ha messo in contatto con il presidente Maurizio Felugo, già numero uno della storica Pro Recco nella pallanuoto. Insomma, c’è stato questo giro di contatti e mi sto trovando benissimo, sia con la squadra sia con il ds Antonello Zucchi, che mi appoggia in ogni situazione, facendomi lavorare con tranquillità. Nel campionato scorso abbiamo centrato i playoff, perdendo poi con la Torres; quest’anno stiamo cercando di qualificarci ancora una volta». Il mestiere dell’allenatore, quindi, le piace molto. «Non mi nascondo. Da bambino ho sempre avuto il desiderio di fare il calciatore e di giocare in serie A e ci sono riuscito. Ora spero di poterci arrivare con indosso questi panni. È il mio desiderio dell’oggi. Se ci riuscirò, sarò ancora una volta la persona più felice del mondo; viceversa, non avrò comunque alcun rammarico, perché mi sto vivendo al meglio questo percorso. Tra i tanti pensieri che mi vengono, ci sono anche i sogni di allenare prima o poi sia la Spal che il Genoa». A proposito di Ferrara, sa che è ancora fra i bei ricordi dei tifosi spallini, dopo quell’annata 92/93, peraltro terminata con la retrocessione in C dopo ben 3 cambi tecnici? «Dopo la partita di Verona, la gente mi chiedeva di rimanere e giuro che sarei rimasto anche in serie C. Ma era tornato a chiamarmi il Genoa per giocare in A, nell’anno del centenario, e nella città in cui la mia famiglia stava continuando a vivere in quegli anni. Di quel gruppo ancor oggi ogni tanto sento Mangoni, Brescia e Soda: con quest’ultimo ci ho anche avuto a che fare per un giocatore, visto che allena anche lui in D (alla Correggese, ndr). Quell’anno arrivai a 10 gol, ma senza alcune squalifiche avrei potuto anche fare meglio. Ferrara rimane una città fantastica: non voglio fare il ruffiano, credo veramente meriti sempre il meglio». Mentre idoli della Gradinata Nord del Genoa, come ci si diventa? «Dando sempre il massimo, con passione, umiltà e cuore. Lo dico sempre ai miei ragazzi d’oggi, raccontando il mio passato: non puoi stare 10 anni a confrontarti con i migliori del mondo, se non hai la giusta grinta e la voglia di sacrificarti. Dal campo bisogna sempre uscire con la maglia sudata per i propri tifosi. Il Genoa ha significato una parte super importante della mia vita calcistica e privata. Quando ci arrivai all’età di 21 anni vinsi un campionato incredibile con Franco Scoglio. Ancor oggi quando capito in città non riesco a camminare per strada, perché la gente mi ferma sempre per due chiacchiere e qualche ricordo». L’attualità parla di una fresca retrocessione, ma anche di una grossa possibilità di ritornare già in A. «Eh, qualche mese fa è stato brutto. Oggi la squadra è costruita per vincere il campionato: l’ho un po’ seguita, per quanto mi è possibile, ci sono ottimi elementi, ma occhio alla serie B, perché è lunga e difficile. Gilardino dal suo arrivo ha fatto molto bene: è un altro che più di un’esperienza partendo dal basso se l’è fatta». Per la Spal, invece, l’obiettivo è la salvezza. «Le possibilità per tirarsi su, ci sono tutte. E mi auguro di cuore che ce la possa fare. Quella straordinaria tifoseria si merita il meglio. Spero che i giocatori possano dare il massimo e che almeno in questi mesi pensino a giocare per la maglia. Hanno la fortuna di farlo in un palcoscenico incredibile, dentro uno stadio che, ammodernato, è un qualcosa di ancor più speciale. Serve la voglia di farcela. Certamente i tanti cambi tecnici che si sono susseguiti non sono stati positivi. Son romanista sin da bambino, De Rossi ho anche avuto il piacere di conoscerlo, ma non è stato facile per lui vivere una prima esperienza da allenatore confrontandosi con le difficoltà. Ho poi visto che la Primavera della Spal sta andando bene: cercare di far crescere i propri ragazzi del vivaio è una cosa molto importante». Guarderà la gara di Marassi sabato pomeriggio? «Domenica siamo in trasferta contro la Vis Artena, quindi farò fatica per via dello spostamento aereo. Atterreremo a Roma poco dopo le 16, quindi sul pullman per il ritiro, magari mi vedrò qualcosa sul telefono».l © RIPRODUZIONE RISERVATA

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«Sarei rimasto a Ferrara anche in C, ma non ho potuto»

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