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Ferrara, Tartari: «Ho pianto tanto. Gigi Riva era uno che ti conquistava»

Alessio Duatti
Ferrara, Tartari: «Ho pianto tanto. Gigi Riva era uno che ti conquistava»

L’ex spallino giocò assieme a Rombo di tuono nella Nazionale di serie C

24 gennaio 2024
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Ferrara «L’altra sera ho pianto tanto. Gigi Riva era uno che ti conquistava calcisticamente, ma era diventato anche un amico. Il nostro è stato un rapporto vero, durato per tutta la carriera e oltre. Il dispiacere è enorme». Marco Tartari (nato ad Aguscello nel 1943) è uno di quelli che il mitico Riva l’aveva conosciuto per davvero, tanto da giocarci assieme nella Nazionale di serie C (chiamata anche Nazionale dei semi-professionisti, come si diceva all’epoca) in giovanissima età.

«Sono emozionato a parlare, a trovare un ricordo di lui – dice l’ex centrocampista anche della Spal – e a tentare di esternare tutto il bene che gli ho voluto. Gigi è uno di quei ragazzi che studiai sin dalla nostra prima conoscenza. Come giocatore era il più forte di tutti, su questo non c’è dubbio. Come uomo era unico, così come la sua personalità».

Tartari ha poi narrato il grande punto di contatto vissuto con il quasi coetaneo Rombo di tuono: «Nel 1963 lui era al Legnano, io ad Arezzo. Ci convocarono con la Nazionale di C e andammo a giocare in Ghana. Uno dei due impianti utilizzati era un velodromo e a molti venne in mente la malaria che qualche anno prima si portò via Fausto Coppi. Quel viaggio fu un’esperienza particolare per entrambi, vista la nostra età. Vidi un continente completamente diverso da quello in cui vivevo».

Difficile, oggi, immaginare scenari del genere, i tempi che scandivano ogni aspetto della vita di allora: erano gli anni del boom economico, ma certo non si viaggiava granché, men che meno all’estero, le informazioni erano lente, arrivavano con collegamenti televisivi ancora precari e su tanta carta stampata, che raggiungeva il grande pubblico molto dopo.

Tartari e Riva giocarono assieme, vincendo sempre per 3-2, prima a Kumasi il 23 giugno contro la Rappresentativa Ashanti e poi l’1 luglio ad Accra con il Ghana: «Il viaggio durò una quindicina di giorni e ricordo benissimo che Riva non sarebbe dovuto partire con noi, perché aveva un vistoso ascesso a un dente, ma fece diverse punture per non rinunciare. Lui era fatto così, stringeva sempre i denti anche nella sofferenza e nelle difficoltà. E anche in quella circostanza giocò da “Rombo di tuono”. Gianni Brera ha avuto ragione a coniargli quel soprannome, era davvero perfetto. In quel viaggio – ricorda Tartari – si mostrò gioviale e cordiale con tutti. Riva è sempre stato disposto al dialogo, ma era un ragazzo modesto e spesso solitario. Con lui la vita non è stata molto generosa, anzi, diciamo che si è da subito rivelata una salita continua. Ma l’ha affrontata come un vero grande, con coerenza, mostrando a tutti valori incredibili».

Commozione, rispetto, ammirazione nelle parole di Tartari, che racconta ancora: «La sua scelta di rimanere a vita al Cagliari viene ricordata ancora oggi come gesto storico, impensabile da ritrovare nel calcio di adesso (Francesco Totti, ai tempi nostri, può essere considerato una rarissima eccezione, con la differenza che lui a Roma c’è nato, Riva invece cagliaritano lo era diventato d’adozione e per scelta, ndr). È un altro esempio di quanto Riva abbia insegnato concretamente, con i fatti, qualcosa a tutti noi. In Sardegna è sempre stato amatissimo, tant’è che se in un ristorante ci si presentava semplicemente come suo amico, la cena veniva sempre offerta dal proprietario. Nel calcio italiano mai nessuno ha calciato il pallone come lui con il suo mancino, poi era forte di testa, la più forte ala sinistra del mondo, un campione completo».

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