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Ferrara, il doppio ex Botteghi: «Alla Spal anni fantastici, spero torni la B»

Alessio Duatti
Ferrara, il doppio ex Botteghi: «Alla Spal anni fantastici, spero torni la B»

Il doppio ex Giovanni Botteghi tra ricordi e attualità. Domani sera al Mazza con l’Arezzo si gioca un pezzo di storia

22 febbraio 2024
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Ferrara Giovanni Botteghi è un doppio ex di grande spessore, ma anche diverso dal solito. Nativo di Livorno, classe 1955, con gli amaranto dell’Arezzo ha giocato tra il 1980 e il 1983 (compagno di squadra di Andrea Mangoni). A Ferrara la veste indossata è stata quella dirigenziale, dopo la chiusura della carriera di campo col Montevarchi. Della Spal, infatti, Botteghi è stato direttore sportivo in due puntate: all’inizio degli anni Novanta con la storica promozione in serie B dei biancazzurri, ma anche una decina d’anni dopo all’apertura del nuovo millennio. E il figlio Stefano ha giocato in biancazzurro. Per tutto questo la sfida Spal-Arezzo (domani, 20.45) è l’ultima di una serie storica (all’andata l’Arezzo vinse 3-1 in casa, non bastò Fiordaliso).

Botteghi, come procedono le sue attività professionali al fianco di Giovanni Sartori?

«Direi molto bene. Ma è lui il fuoriclasse, io sono solo un buon giocatore (ride; ndr). Collaboriamo da una ventina d’anni. Siamo stati al Chievo Verona e all’Atalanta, ma da due anni siamo al Bologna e naturalmente non possiamo non essere contenti e soddisfatti di come le cose stiano andando. Bene e oltre le previsioni. Quando i giocatori presi danno un conforto tecnico importante è motivo di soddisfazione per tutto uno staff di lavoro perché si ha la percezione di aver aiutato la società. Nonostante la mia età, metto ancora spirito e voglia in tutto quel che faccio. Continuo a viaggiare molto perché i video aiutano un certo tipo di preparazione, ma essere "live" sul campo a visionare un giocatore è sempre tutta un’altra cosa. È ciò che permette la vera valutazione completa. Noi, come filosofia, siamo rimasti a quello».

E della Spal degli ultimi anni cosa può dire?

«Aver visto che alla domenica la gente di Ferrara ha potuto andare "alla Spal" in serie A è stata una cosa bellissima. Ho sempre seguito le vicende con grande affetto avendo ancora molti amici, però sono spesso all’estero e non sono venuto di persona. Purtroppo ora le cose non stanno andando al meglio. Da fuori non è mai semplice giudicare ma evidentemente ci sono stati errori d’insieme tra la società, gli allenatori e i giocatori. Quando si vince e si perde i meriti o i torti sono sempre di tutti. Peccato perché Ferrara è un ambiente appassionato e trascinante, che come minimo dovrebbe competere in serie B. Pensate che in Argentina il nome Spal è parecchio conosciuto».

Attualmente i biancazzurri come possono salvare la stagione?

«È una situazione che si è complicata, ma non va mai persa la convinzione di potercela fare. Dal di fuori non è semplice esprimersi. Quel che è sicuro è che Ferrara è un palcoscenico che per giocarci richiede una certa predisposizione e una spiccata personalità. Di Carlo è un bravo allenatore ed è sempre stato uno che ha saputo il fatto suo: darà sicuramente una mano in questo periodo. Con tutto il cuore auguro alla Spal di uscirne».

Il suo legame con la Spal è stato intenso.

«Indimenticabile. Quella promozione in B, con il doppio salto dalla C2, fu assolutamente entusiasmante. Si giocava sempre davanti a quasi 20mila persone e a ogni trasferta era un esodo. Nell’esperienza ci sono stati anche momenti non semplici, un’altalena, ma ho ancora tutto nel cuore. Elogi e critiche fanno parte di questo lavoro, ho sempre provato a metterci grande professionalità».

Ad Arezzo, invece, che ricordi ha?

«Altrettanto indimenticabile perché nei miei tre anni da calciatore ho vinto, potendo giocare in B contro società tipo Lazio e Milan. Il legame con Mangoni è diventato un’amicizia talmente forte che poi me lo portai a Ferrara. Insomma, due città importanti per cose diverse e l’affetto reciproco mi portano a sperare nel meglio per entrambe. So che un pareggio non sarebbe un gran risultato per la Spal, ma nello scontro diretto non possono vincere entrambe (sorride; ndr). Ciò che importa, però, è il potenziale per raggiungere i propri obiettivi in questo finale di campionato. Ecco, quello c’è»