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L’intervista

Da Ferrara a Sky alle Olimpiadi, Federica Lodi: «E andrò a Parigi»

Sergio Armanino
Da Ferrara a Sky alle Olimpiadi, Federica Lodi: «E andrò a Parigi»

La giornalista di Mirabello, volto della Premier League, racconta il suo percorso. «Davanti a una telecamera per caso, ho capito che poteva essere la mia strada»

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Ferrara Qualche mattina fa era tra i relatori al liceo Carducci, per raccontare la sua esperienza giornalistica, che dalla sua città l’ha portata fino a Sky, arrivando a occuparsi di personaggi ed eventi che i più possono ammirare solo... guardandola in tv. Allora, perché non ampliare a tutti i nostri lettori la platea per il suo racconto? Detto, fatto. Anche perché la disponibilità di Federica Lodi, front woman del canale sportivo e in particolare conduttrice dei pre e post partite di Premier League è sempre squisita. «Ho avuto il benestare dall’azienda e posso annunciarlo: vado alle Olimpiadi di Parigi!». Pioggia di complimenti... e fanno due. Sì, perché Federica era già volata a Londra per la rassegna a cinque cerchi del 2012. Dalla sua casa dello sport, quella di Sky, «a Casa Italia: curerò i servizi da lì», aggiunge. Un altro tassello di una brillante carriera, che affonda le proprie origini in terra estense. Iniziando a Mirabello, il suo paese natale, per svilupparsi e Rete Alfa e Telesetense, seguendo lo sport locale, quindi gli uffici stampa della pallavolo ferrarese, poi Pubbliteam, «che mi ha dato l’opportunità d’iniziare a collaborare con Sky».

Federica, iniziamo dal primo amore.

«Il primo primo è stata la scrittura, facendo la corrispondente da Mirabello. Poi la radio, che è diventata un modo per continuare a seguire lo sport e rimanere nel mondo del giornalismo, ma anche in quello della musica, un altro amore della mia vita: non canto e non suono, ma vado a tanti concerti e la musica mi accompagna ovunque».

Dalla radio alla tv il salto non è scontato.

«Ho iniziato per caso, praticamente costretta: Sandro (Sovrani, praticamente la Spal in versione tv locale, ndr) mi ha chiesto se avessi voluto fare il tg sportivo di Telestense, gli ho risposto che no, non m’interessava, e lui mi ha messa di turno per il sabato seguente. Lì ho capito che proprio quello poteva essere il mio futuro: mi sono sentita subito a casa».

Un profilo anomalo, almeno a quei tempi. Oggi sono tante le donne che conducono programmi sportivi a livello nazionale, ma quando hai iniziato tu, una ventina d’anni fa, non era usuale: come ci sei arrivata?

«Musica e sport sono sempre state le mie passioni, grazie a mia sorella e a mio papà. Poi arrivò la morte di Andrej Kuznetsov (l’ex capitano della Nazionale russa di volley, allora ancora Unione sovietica, approdato alla Conad Ferrara nel 1994 e morto il 30 dicembre di quell’anno in un incidente stradale, ndr): ero una ragazzina, forse non ero nemmeno mai stata al palasport, ma rimasi colpita da quella tragedia. Iniziai a seguire la pallavolo, nel ’96 ho pianto vedendo l’Italia ad Atlanta che perse quell’oro (ma vinse l’argento) e dall’oratorio di Mirabello mi promisi di vedere dal vivo almeno una partita di volley alle Olimpiadi: a Londra feci la bordocampista per Sky...».

Ecco, Sky: come ci sei arrivata? E poi, qual è stato il tuo percorso?

«Prima di occuparmi della Premier ho condotto il telegiornale e ancora oggi lavoro per Sport 24, per la parte che si occupa del coordinamento giornalistico del tg. Prima ho fatto "Azzurro forte", "Terzo tempo" con Mario Sconcerti, e ancora mi sono occupata di pallavolo, dei mondiali di rugby, sempre in conduzione».

Davanti alla telecamera, guardando quella lucina rossa accesa, c’è chi perde la parola, chi s’impappina…

«Mai avuto nessun problema, faccio più fatica a parlare a una cena con persone che non conosco: su un palco o davanti a una telecamera sono tranquilla e a mio agio: non so cosa scatti nella mia testa, ma è così. Forse i progetti nuovi possono mettermi in difficoltà, sono al contempo entusiasta e un po’ intimorita: poi, sono consapevole e mi preparo, cerco di farlo al meglio».

Front woman per chi ti guarda, ma dietro c’è tanto altro lavoro...

«Non sarebbe nemmeno divertente se no fosse così. Bisogna sempre studiare, prepararsi, aggiornarsi, imparare da chi fa questa professione da tanto tempo, ma anche da chi la fa da meno ed è più giovane, con un approccio diverso. Non è sempre facile, ma bisogna aver voglia d’imparare».

L’esperienza che porti nel cuore?

«A livello di eventi, l’Olimpiade di Londra 2012: non riuscirò mai a dimenticarla. Il singolo progetto, quello che mi ha lasciato tanto, a 10 anni dalla morte, aver fatto un documentario su Vigor Bovolenta con le voci della moglie Federica Lisi, di Bonitta, Bernardi, Zlatanov, Giombini...: è stato molto intenso».

Ogni volta, però, ti sentiamo rivendicare le tue ferraresità e la spallinità.

«Ovvio che tifo Spal, l’ho seguita per tanti anni. Quando mi sono allontanata da Ferrara ha avuto un exlpoit, fino alla serie A, poi è stato un dolore vederla in questi anni tornare giù. Quest’anno, comunque, con molti colleghi che hanno avuto modo di venire spesso a Ferrara, il nostro tema principale di chiacchiere è stata la Spal e tutti quanti alla fine erano sollevati da questa conclusione con la salvezza. Comunque, la serie C la seguo anche adesso, quando non sono in diretta contemporaneamente. Speriamo nel futuro, che riescano a ripartire con il piede giusto la prossima stagione».

A Milano, fronte Mediaset, c’è un altro collega e amico ferrarese, Massimo Callegari, ora conduttore di Pressing...

«Non ci siamo incrociati spesso, ma l’ho seguito: da Telestense a Pubbliteam e poi a Milano, mi ha tracciato la strada. Mi è piaciuto moltissimo fare questo percorso e lo guardo sempre con grande stima, è un esempio per me».

Mai avuto problemi di genere in questo mondo ancora tanto al maschile? Un consiglio a chi volesse seguire le tue orme?

«No, essere una donna non ha mai fatto la differenza: sarò stata anche fortunata, ma non è stato né un vantaggio né uno svantaggio. Guardare tutto con estrema passione, grande voglia di conoscere sempre più, non fermarsi mai, consapevoli di dover fare grandi sacrifici, ma se questo è un sogno bisogna provarci, inseguirlo, crederci e investirci tanto: passione, tempo e voglia di fare. Poi, tutto cambia così in fretta, che capire adesso quale percorso seguire... il consiglio specifico non c’è. Ma per fare una cosa che ti piace devi darti tanto da fare e continuare anche quando credi di essere arrivato»