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L’intervista

Alberici, il Crer e la nuova stagione: «Mi ricandido tra tante novità»

Francesco Dondi
Alberici, il Crer e la nuova stagione: «Mi ricandido tra tante novità»

Il presidente: «Sarà un’annata di svolta anche per i campionati giovanili»

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Ferrara All’orizzonte si intravvede una stagione calcistica con tante novità politiche e organizzative. La riforma dello Sport, quella dei campionati giovanili, l’abolizione dell’obbligo del giovane e le elezioni del Crer sono argomenti che scaldano le società e che prospettano un autunno di riflessioni e valutazioni. A guidare una svolta epocale c’è Simone Alberici, eclettico presidente del Crer, uno che anche a Roma tende a prendere la parola e che ha sempre rivendicato un ruolo da protagonista del calcio dilettantistico dell’Emilia Romagna.

Presidente, partiamo forte: in autunno si voterà per il rinnovo dei vertici del Crer. Si ricandida?

«Sì, lo dico con convinzione. Ci tengo a continuare quanto è stato finora fatto e sento di non aver ancora concluso il lavoro in regione».

Quindi non correrà per un incarico a Roma come qualcuno auspica o altri spettegolano?

«Devo prima finire quanto abbiamo iniziato nel Crer poi in futuro si vedrà. A Roma, in Lega e in Federazione ho sempre portato le istanze del nostro calcio. Ormai mi conoscete, sapete che non sono uno che riesce a tacere e faccio tutto con grande entusiasmo».

Inizia la nuova stagione, quali sono le grandi novità i cui effetti la incuriosiscono maggiormente?

«Va a regime la riforma dei campionati giovanili che abbiamo voluto introdurre, noi unici insieme al Piemonte. La squadra che conquista una promozione sul campo la mantiene, quindi viene a decadere il principio secondo cui è la società che ha un diritto. Diamo valore al merito, spero che avremo campionati ancora più equilibrati e magari vedremo meno movimenti di mercato - anche se sorrido a sentire questa parola - a dicembre. Nelle Juniores e nelle prime squadre, invece, sono curioso di capire le ricadute dell’abolizione dell’obbligo del giovane. Chi è bravo secondo me deve giocare e serve coraggio per lanciare questi ragazzi. Avremo campionati sempre più interessanti, i playoff in Terza hanno dato energia, gli anticipi in Prima e Seconda sono stati accolti bene. In questi anni si è fatto tanto per cambiare il sistema organizzativo».

Le società hanno dovuto affrontare anche la riforma dello Sport.

«La stanno ancora affrontando. All’inizio ho percepito paura e confusione ma abbiamo dei dirigenti di alto livello che si sono rimboccati le maniche e hanno dimostrato grande voglia di adeguarsi e non mollare. In tutti gli incontri e i webinair formativi che come Crer abbiamo organizzato c’è stata grande partecipazione, che dimostra come sia tangibile l’intenzione di adeguarsi a una riforma che comunque non meritavamo. Mi spiego: le società sono realtà strutturate, hanno fatto un enorme salto organizzativo e gestionale ma sono comunque formate da volontari che non guadagnano soldi, anzi spesso ce ne mettono, e che fanno attività sociali. Non dovrebbero essere trattati da professionisti, ma tant’è. Alcune cose però vorrei evidenziarle».

Prego.

«Era il 2020 e la Riforma era inapplicabile al nostro mondo, l’abbiamo detto e tanto è cambiato. Una cosa che però la politica deve capire è che l’annata sportiva va dal 1 luglio al 30 giugno e quindi se si vogliono introdurre delle modifiche andrebbero inserite non a ridosso delle date calde».

Si riferisce alla proroga dei vincoli dei giovani?

«Anche ma non solo, certo quella dei vincoli è la più recente. Ma ricordate la trasformazione dello status dei volontari? Era un anno che lo dicevamo. Oppure al rinvio di dicembre dell’aggiornamento degli statuti oppure al correttivo che ha cambiato di netto la riforma. Noi chiediamo regole certe e annunciate per tempo, continueremo a farlo».

Sono iniziate le iscrizioni ai campionati. Molti club si trovano conti in attivo, è una bella novità.

«Abbiamo reso pubblico il bilancio del Crer, voce per voce affinché le società vedessero i centri di costo e le strategie economiche. Si è scelto di non far pagare ai club le spese dei mutui, parliamo di circa 300-400 euro a società. Le realtà di Seconda e Terza spero ne trarranno beneficio».

Presidente, lei è stato dirigente di calcio giovanile. Cosa ne pensa della debacle della Nazionale? Mancano talenti in Italia?

«Sono due gli elementi che vanno annotati: la storia è ciclica e ognuno deve fare ciò che gli spetta. L’Italia sta vivendo un ciclo negativo, interrotto solo dalla vittoria degli Europei. Ci sono tante altre nazionali che hanno avuto situazioni analoghe. Non sono invece d’accordo sulla mancanza di talenti. Under 17, Under 19 e Under 20 hanno ottenuto brillanti vittorie e risultati: ciò significa che i giovani calciatori ci sono».

Ma poi non vengono fatti giocare.

«E qui c’è l’altro aspetto: a volte manca il coraggio. Il blocco del decreto Crescita credo porterà una riduzione degli stranieri nei nostri campionati e incentiverà il mercato degli italiani verso l’estero. Se i giovani vengono fatti giocare i risultati arrivano: Calafiori è emblematico di questo ragionamento».

Dicono che le scuole calcio dei dilettanti lavorano male.

«Sorrido. Le scuole calcio dei club dilettanti fanno tante cose, anche moltissimo sociale. Io credo siano i settori giovanili delle società professionistiche a dover formare calciatori di altissimo livello: fanno selezione, possono scegliere il meglio che c’è e quindi a loro è delegato questo compito formativo e non certo alle realtà dilettantistiche che fanno già tanto nel professionalizzarsi e nel mettere a disposizione tecnici qualificati». 

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