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L’intervista

Ferrara, Rao spinge forte la Spal: “È questo il mio lavoro”

Alessio Duatti
Ferrara, Rao spinge forte la Spal: “È questo il mio lavoro”

L’esterno d’attacco svela tutti i suoi retroscena: “Mister Dossena ci allena duramente. Antenucci è una guida”

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Ferrara Sogna di surfare sulle onde calcistiche di Milano San Siro, un giorno, un po’ come fa il suo grande idolo Rafa Leao. È una specie di legame tra esterni offensivi, i cui cognomi finiscono in rima. E l’Emanuele Rao biancazzurro, appena diciottenne, è già ben assestato sulla propria tavola, tra una planata e l’altra nel movimentato mare della serie C. Restare in equilibrio, per poter accelerare sempre più: per la Spal e per una delle carriere più promettenti di tutto il panorama calcistico italiano.

Rao, partiamo dall’immagine più recente. In spogliatoio ha dovuto pagare con pizzette e pasticcini per il gol che si è mangiato a Rimini? «No, per fortuna l’abbiamo presa soltanto sul ridere. L’importante è stato portare a casa la vittoria come squadra».

Come sta questa Spal? «Direi bene, anche dal punto di vista fisico, perché ci alleniamo sempre duramente. Il gruppo è molto unito, c’è un bellissimo rapporto generazionale tra giovani e più esperti, l’aria è positiva. Poi, in termini di risultati si spera sempre possa andar meglio. Con il passare del tempo ci stiamo conoscendo sempre più tra di noi, vogliamo migliorarci a ogni partita e ci auguriamo di fare altri passi in avanti nelle prossime».

Il calcio di Dossena com’è? «Una filosofia di corsa, che si sviluppa molto sulle corsie esterne e nello specifico del mio ruolo chiede sempre di stare molto larghi e di pedalare. Fisicità, pressioni alte, poi un po’ il baricentro l’abbiamo anche abbassato per sfruttare le ripartenze. Uno degli obiettivi è sempre generare il due contro uno verso il terzino avversario, muovendo la palla da una parte all’altra».

A lei dice o chiede qualcosa in particolare? «Mi dà tanti consigli, il dialogo è costante e abbiamo un bel rapporto. La sintesi è che mi chiede di giocare in maniera semplice (sorride, ndr). Io ogni volta che vado in campo spero di aiutare la squadra facendo del mio meglio».

Quest’anno ha iniziato a segnare con continuità. «Sì, mi sto divertendo molto. L’esperienza dello scorso anno mi è servita, sto andando in campo più tranquillo e direi che è stato un bell’inizio per me. La rete più bella è stata sicuramente quella contro il Carpi. Tante volte avevo già provato a tirare da fuori, ho voluto riprovarci ed è andata molto bene. Sotto la Ovest, tra l’altro: non vedevo l’ora di andare a esultare con i tifosi. Quando la gente chiama il mio nome, mi viene la pelle d’oca».

C’è una foto bellissima della sua esultanza. «A Sestri Levante avevo disegnato la A per mio papà, che si chiama Andrea. Con il Carpi ho copiato Olise del Bayern Monaco con il gesto del “non vedo, non parlo, non sento”, mi era piaciuto molto».

Il primo gol di Rao in maglia Spal, però, risale a un anno fa contro la Lucchese. «Sì, è passato poco tempo, ma nel mezzo mi sento di dire che c’è stato tanto, perché mi sento molto cresciuto. Anche quello era stato un bel gol e rimarrà sempre nel mio cuore. In tutto ciò, voglio incrementare la quantità di assist, perché fa parte dei doveri del mio ruolo».

Numeri di maglia, dal 75 all’11. «Il 75 è stato una sorta di viaggio mentale, perché mia mamma è del ’73, mio papà del ’72 e ho fatto 3+2. L’11 è da sempre il mio numero preferito, ce l’ho anche tatuato addosso».

Le piace l’inchiostro? «Eh, direi di sì. Ho appunto tatuate le date dei miei genitori, qualche simbolo fatto con gli amici storici, un leone nel braccio che significa perseveranza, una rosa sempre per mia mamma e un orologio che sta a indicare che ogni cosa ha il suo tempo. Poi ho ancora spazio qua e là».

Con Antenucci ci sono ben 22 anni di differenza. Che effetto le fa trascinare il reparto offensivo al suo fianco? «È fortissimo. Poi, ridiamo e scherziamo in continuazione. Lui mi dà tanti consigli per migliorare. Mi stimola, abbiamo un gran rapporto ed è un piacere giocare assieme».

È consapevole di scendere in campo già con gli occhi addosso di società da categorie superiori? «Non penso all’ambiente esterno, ma sono concentrato sul mio presente. Poi, quello che mi aspetterà lo scoprirò col tempo».

Sappiamo che la sua famiglia è molto importante nel suo percorso anche legato al calcio. «Tantissimo. Ho iniziato perché mio papà allenava una squadra dove abitiamo, in zona Rovereto in provincia di Trento. Poi sono andato subito al Chievo Verona nelle prime Under, ma non era stato un periodo facile, visto che mi avevano diagnosticato il diabete. Quindi c’era un po’ di paura, mio papà mi veniva a vedere a ogni allenamento per controllare che tutto fosse a posto. Poi, quando c’è stata l’opportunità Spal, ne abbiamo parlato in famiglia, proprio per capire se ce la sentissimo come lontananza da casa e con in mezzo la gestione del diabete. Ci siamo aiutati, mi hanno dato una mano dei tutor, anche per le tante documentazioni da produrre: c’è una gestione quotidiana che seguo con regolarità e va tutto bene».

A Ferrara alloggia nel convitto? «Sì, per il resto non faccio molto, mi concentro sul calcio e quando poi ho i giorni liberi torno a casa per ritrovare i miei amici di sempre. Qui alla Spal sono arrivato nel settore giovanile all’età di 15 anni tramite Andrea Catellani e tutti gli allenatori avuti, oltre alle varie persone che orbitano nel mondo Spal, mi hanno dato una grande mano a crescere».

La mancata convocazione con la Nazionale under 19 le ha dato dispiacere? «L’obiettivo è andare all’Europeo a fine stagione, in quello ci spero davvero tanto. In Nazionale farebbe sempre piacere andare, diciamo che c’ero stato lo scorso mese».

Per la Spal ora ci sono Campobasso e Pescara. Quanti gol ci promette? «Vogliamo far bene in entrambe, l’obiettivo è quello di portar via più punti possibili da questi appuntamenti. Sui gol... diciamo due. Magari salta fuori anche una doppietta», e se la ride.

Intanto si parte dal lunch match di domenica, assegnato alla direzione di Giorgio Bozzetto di Bergamo, assistito da Salvatore Nicosia di Saronno e Vincenzo Marra di Agropoli, con Gerardo Simone Caruso di Viterbo quarto uomo.