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Intervista al campione

Pesi Welter a Ferrara, Licata: «Raggiunto il mio primo obiettivo»

Sergio Armanino
Pesi Welter a Ferrara, Licata: «Raggiunto il mio primo obiettivo»

Venticinque anni e idee chiare sul suo futuro fra le dodici corde

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Ferrara Le luci dell’americana sul ring sono spente, è già terminato, molto in fretta, anche il match per l’Europeo femminile dei pesi leggeri. Antonio Licata è ancora lì, in tribuna, fra gli amici che gli chiedono foto assieme, che gli fanno i complimenti. Glielo portiamo via, ci sediamo sui seggiolini della prima fila, iniziamo a parlare. L’adrenalina, almeno così sembra, l’ha già smaltita, fatto sta che il ragazzo si pone riflessivo, cercala parola giusta, la soppesa.
Licata, partiamo dal match.
«Ho sfruttato al massimo il mio potenziale, il movimento di gambe, il prendergli il tempo. Moroni sapeva che rischiava l’interruzione del match, che doveva fare qualcosa prima: ho cercato di farlo scoprire e rientrare nei tempi giusti. Un calo nella quinta ripresa? Abbiamo temporeggiato, l’obiettivo era di andare in crescendo, è stato un round di recupero» .
Antonio, è finito un percorso che ti ha portato alla conquista del titolo, ora ne inizia uno nuovo verso la conferma e altri traguardi.
«È proprio così. Quando sono passato professionista, da due anni, mi è scattato qualcosa nella testa, una mentalità diversa, affronto i match come fossi un’altra persona. Ogni combattimento ho alzato il livello, mio e degli avversari: sono arrivati i primi ko, fino ad arrivare a questo titolo. È il primo dei tanti obiettivi che mi ero posto: è stato molto difficile e faticoso arrivarci».
Un percorso, appunto, che non poteva altro che essere di crescita.
«Sì, abbiamo lavorato molto sulla testa, sulla tecnica, sulla preparazione. Siamo andati in Spagna e a Napoli a fare guanti, mi sono rivolto a un nutrizionista per curare l’alimentazione, a un preparatore atletico e poi c’è il maestro Croce...».
Che dice essere il tuo secondo padre, ma all’angolo c’è anche papà Francesco...
«Beh, averne due è un’arma a doppio taglio. Certo, vanno d’accordo e hanno rispetto reciproco. Avere mio padre biologico all’angolo è di conforto e di stimolo, ma è anche una grande emozione, che ho imparato a gestire. Croce sì, è stato un secondo padre, mi è sempre stato vicino, anche fuori dalla palestra: quando sbagliavo, mi riportava sulla giusta strada. Ha fatto sempre risaltare il talento che ho senza mettermi addosso pressione».
Con loro hai preparato un match per il tricolore, poi è cambiato avversario.
«Sì, quindi tattica diversa, ma mi so adattare in fretta».
Traguardo raggiunto, si festeggia e poi?
«Mi preparerò altrettanto bene per la difesa con De Filippo (il campione in carica che ha dovuto dare forfait per un infortunio in allenamento ndr), poi si punta a qualcosa di più grande, magari un titolo europeo».