Nata male, finita peggio. Spal, che stagione da brividi
Il film di un anno tra il caos dei ribaltoni estivi, le sconfitte, il cambio mister e le contestazioni. Per fortuna l’incubo serie D si è dissolto al “Mazza” contro il Milan Futuro
Ferrara Sì, è vero, nella Via Crucis le stazioni sono quattordici. Ma stiamo parlando di calcio, dunque è il caso di fotografare undici tappe per riassumere alcune immagini salienti della stagione della Spal. Un’annata di passione, appunto. Contraddistinta da sofferenze, tribolazioni, scelte sbagliate (a ripetizione), paure, brividi e chi più ne ha più ne metta. Per fortuna, però, all’ultima tappa è pervenuta la liberazione della salvezza. Raggiunta in una serata che, in ogni caso, rimarrà storica per il club visto il concomitante saluto al calcio di capitan Antenucci. Fortunatamente il danno dei danni è stato scongiurato e una sorta di arcobaleno immaginario alla fine è spuntato sul “Paolo Mazza”, proprio mentre il totem col numero 7 sulle spalle veniva portato in trionfo da un intero popolo.
Le scelte iniziali
A una settimana esatta di distanza dal sudatissimo epilogo è difficile credere a quanto la Spal abbia fatto (o non fatto) quest’anno. Ma ormai, ahinoi, siamo abituati a vivere in questo presente. Si è trattato ancora una volta della classica annata nata male, non per una questione di sfortuna o di non allineamento planetario. Alla base di ogni cosa ci sono state tra tutte le contraddizioni e le scelte sbagliate di una gestione, quella con a capo Joe Tacopina, che si è rivelata fallimentare una volta in più. Dalla discutibile discontinuità scelta un anno or sono è scaturito un caos clamoroso, “risolto” con la nomina di due nuovi direttori: quello generale Carra, e quello sportivo Casella (dopo la vicenda Danzè). La sella tecnica è stata affidata ad Andrea Dossena, ma l’avventura dell’ex tecnico della Pro Vercelli è terminata poche ore dopo San Valentino. La costruzione della rosa è stata tutt’altro che felice, perché al buon lavoro fatto in uscita il club non è riuscito a centrare gli obiettivi di mercato che si era prefissato dovendo rimediare – per quanto possibile – a gennaio con gli arrivi di Molina e Parigini.
Le sofferenze
Il ruolino di marcia è risultato negativo sin dal principio. Poche gioie, tanti magoni e addirittura 20 sconfitte stagionali se si comprendono anche la Coppa Italia di categoria e l’andata del playout: cifra clamorosa, resa ancor più imbarazzante dalle notevoli imbarcate prese qua e là in autunno. Nel girone d’andata l’unico raggio di speranza era arrivato dopo il tris rifilato a Pineto, Legnago e Torres. Poi il vuoto, unito all’incapacità di vincere davanti al proprio pubblico: sempre presente, sempre innamorato, sempre fin troppo paziente ed esploso in modalità contestazione solo in alcune circostanze. Con Baldini la velocità di navigazione è addirittura peggiorata e la Spal a una certa ha capito che si sarebbe dovuta arrendere alla disputa del playout, proprio nelle settimane in cui Antenucci si stava congedando con il calcio giocato (ora la speranza è che la Spal gli trovi spazio e non solo a livello d’immagine).
Il sollievo
Alla fine Mirco è riuscito a mischiare le ultime lacrime col sorriso liberatorio di ogni cuore biancazzurro. Perché il playout, iniziato malissimo, è terminato con la doppia timbrata albiceleste di Molina nella bomboniera di corso Piave. Un happy ending vissuto davanti a oltre 10.500 spettatori (tutti di fede spallina): loro restano la base da cui ripartire.