Spal, umiliazione e bisogno di risorgere
Ferrara Non c’è più neppure la speranza a cui aggrapparsi, adesso è davvero finita. La Spal viene cancellata dal calcio professionistico e la città perde un suo simbolo, forse il più blasonato e conosciuto dopo la grande dinastia degli Este. Un avvocato americano e il suo socio hanno immesso milioni di euro in un’attività sportiva dalla quale non hanno ottenuto alcun ritorno né economico né tantomeno d’immagine. La scintilla tra Ferrara e Tacopina non è mai scoccata davvero nonostante qualcuno avesse tentato di attizzarla, ma nessuno avrebbe mai ipotizzato un epilogo così umiliante. Stavolta non si parla di sconfitte calcistiche, questa volta il problema è ben maggiore e più serio: è di natura sociale, economica, umana. Coinvolge tutti, dalle istituzioni fino all’ultimo bimbo che sogna di giocare con addosso la maglia della Spal. Coinvolge anche il mondo imprenditoriale ferrarese, quel che resta, ma che non manca mai di rivendicare le proprie radici. Adesso è giunto il momento che realtà illuminate e orgogliosamente ferraresi si assumano quella responsabilità etica che va oltre i soldi, la voglia di vincere, la necessità di primeggiare. Spetta a loro fare quadrato, uscire dal perimetro del provincialismo per ridare valore a un simbolo e fare in modo che gli anni di Tacopina rimangano soltanto un pessimo esempio da non imitare mai più.