Caso Spal, Mattioli: «Sono a disposizione, però serve fare in fretta»
Il “pres” ospite della Curva Ovest per la festa al Parco Urbano: «Si corre il rischio di iniziare una stagione senza il marchio, senza il nome Spal, senza il centro sportivo, né lo stadio»
Ferrara Ai “suoi” ragazzi non vuole raccontare bugie, meglio parlarsi francamente, tra uomini, senza scorciatoie e senza - soprattutto - alimentare illusioni. Walter Mattioli avrebbe dovuto partecipare alla festa della Curva Ovest, che ha animato per tre giorni il Parco Urbano, per rinverdire i momenti della grande Spal, ma il fallimento sportivo del club ha costretto lui e gli ultras a rivedere il palinsesto. Ma il “pres” non ha voluto mancare a un momento di sostegno collettivo, e quella che doveva essere una chiacchierata è diventato un monologo, che ha fatto seguito a un bell’incontro con lo scrittore Pierluigi Spagnolo, autore del libro “I ribelli degli stadi”.
Mattioli ha parlato per quasi venti minuti, mentre nell’area della festa è calato il silenzio totale, completo. Lui è la persona di cui fidarsi, lui è la persona che con parole semplici può offrire il quadro della situazione. Non deve blandire nessuno, non deve conquistare voti o sostegno, ha soltanto un compito: raccontare a oltre 300 persone come stanno le cose. Lo farà senza filtri o mediazioni.
«La situazione non è facile - esordisce - Da giorni il mio telefono suona, ho tanta gente che vuole capire. Ma da quattro anni sono fuori dai giochi; qualcuno da tempo dice che sono a capo di cordate, ma di corde ne ho solo una, a casa. Nessuno era pronto per affrontare quanto accaduto, tutti si aspettavano l’iscrizione».
E qui Mattioli si fa serio: «Non ho mai avuto rapporti con questa proprietà al di là delle due occasioni in cui l’ho incontrata e non mi era piaciuta. Ma ho fatto il tifo per loro perché se le cose per la Spal vanno bene tutti sono felici. Invece ora siamo di fronte a un delitto sportivo, la Spal fuori dai professionisti si può descrivere soltanto così».
Qui il “pres” ferma la riflessione su ciò che è stato e inizia a ragionare già sul futuro, mettendo in chiaro alcune cose: «Ho parlato con il sindaco, è lui che ha in mano la partita. Dovrà fare un bando per capire quali proposte imprenditoriali arriveranno, spero ve ne siano tante e gli ho consigliato di trovare un’unanimità politica, come avvenne con noi. Avere tutta la città unita è un bene, direi che è molto importante. Io so di gente interessata, ma è necessario verificare i progetti. Auspico però una cosa: serve fare in fretta, le scadenze per l’iscrizione all’Eccellenza è a metà luglio. L’ho detto al sindaco, io sono a disposizione. In questi giorni ho fatto alcune telefonate, conosco le persone che sono ai vertici dello sport, a partire dal ministro Abodi fino a Gravina, abbiamo fatto percorsi insieme».
Però Mattioli mette tutti in guardia su cosa significhi la ripartenza: «Serve coraggio - ammonisce - Dobbiamo saperlo. Perché si corre il rischio di iniziare una stagione senza il marchio, senza il nome Spal, senza il centro sportivo, né lo stadio». Qualcuno dal pubblico dissente da quello scenario, ma il “pres” ribadisce: «Dobbiamo dircelo».
L’unica cosa che non dice è che, stando alle norme federali attuali, se interpretate in modo stringente, lui non potrà essere presidente di un’eventuale nuova società, perché non sono ancora passati 5 anni di disimpegno dalla Spal poi divenuta di Tacopina, ma sono dettagli. Anzi, Mattioli indica anche una strada per costruire una Ferrara in Eccellenza: «Per prima cosa non bisogna avere paura, ma è importante avere delle idee. Sono venuti i ragazzi dell’under 16 qui al parco, ecco servirà valutare cosa fare del settore giovanile. È un bacino da cui non si può prescindere, magari alcuni di loro potrebbero restare ed essere i calciatori su cui fondare il nuovo percorso calcistico. Lo dico perché la maglia biancazzurra è un valore. Perché non cercare di trattenere i ragazzi che attualmente giocano nella Spal, magari creando di nuovo un’Accademia, dove possano giocare anche altri bambini? Così si trasmette l’attaccamento alla squadra della città. Si vince solo quando tutti sono trasportati e vedono un unico traguardo».