Spal, Baldini furioso con Tacopina: «Aveva promesso pure il premio»
Il tecnico racconta gli ultimi giorni alla Spal prima del clamoroso annuncio: «Nessuno aveva capito quali fossero le sue intenzioni: ha disprezzo per tutti»
Ferrara È decisamente arrabbiato (per usare un eufemismo) mister Francesco Baldini. Quello che è successo alla Spal, per mano di Joe Tacopina, continua a essere un chiodo fisso nei pensieri quotidiani del tecnico di Massa. Il mister già nelle ore immediatamente successive alla mancata iscrizione in serie C aveva dedicato un post social alla Spal, intesa come totalità per la città di Ferrara e per le persone – quelle integre – che la compongono, esprimendo tutta l’amarezza possibile per quell’osceno finale fatto di silenzi, di finte rassicurazioni e di parole non dette fino al gravissimo punto di non ritorno. Ieri ne ha parlato in maniera più approfondita, con lo stesso umore.
Mister, non è passata nemmeno una settimana dal danno dei danni. Più ci pensa e più…?
«Più confermo che la mancanza di rispetto, un concetto che ho già sottolineato a più riprese su Instagram, è stata clamorosa e devastante. Dico subito che prima delle ultime 48 ore finali, nulla ci era stato fatto nemmeno subodorare di quanto è poi accaduto. È stato allucinante. È mancato tutto in maniera totale, nei confronti della città, della tifoseria, dei dipendenti e della Spal. Poi, quel comunicato di sabato, che se io fossi stato un dipendente non l’avrei nemmeno pubblicato, è stata un’altra mancanza di rispetto collettiva che si è sommata a tutto il resto. In quel testo sono mancate le scuse, ma in compenso trapelava arroganza».
Professionalmente e umanamente, quanto fa le male quest’epilogo?
«Tantissimo e lo sento dentro di me ogni singolo giorno. Solo io, il mio staff e i ragazzi sappiamo cos’abbiamo fatto per arrivare a vincere la partita con il Milan Futuro. La strada e il percorso sono stati durissimi e non è una battuta se vi dico che mi è venuta la gastrite per due mesi. Sapevo, però, che sul campo ce l’avremmo potuta fare e alla fine così è stato. Ma ribadisco che, rispetto a quanto successo, non ho mai avuto alcun sentore. Tacopina e Follano, prima delle ultime partite, avevano inviato un videomessaggio alla squadra, con la promessa di un premio in caso di salvezza centrata. Ci siamo poi sentiti per messaggio dopo il traguardo raggiunto, lui mi aveva iniziato a chiedere di organizzare le cose per la prossima stagione, poi è letteralmente sparito fino al fattaccio. Per quello parlo di mancanze molto gravi».
Nella conferenza stampa post salvezza aveva raccontato del terrore visto negli occhi dei dipendenti nelle ultime settimane del campionato.
«L’ultimo mese mi ha divorato dentro. Quando incontravo la nostra gente al centro sportivo sui campi e negli uffici, oppure al convitto, vedevo tutti che mi guardavano con una preghiera negli occhi, senza dir nulla. Se ci penso ora, mi viene da piangere. Il pianto liberatorio me lo sono fatto dopo l’ultimo triplice fischio, scappando dentro gli spogliatoi. Ero esaurito, perché ho visto gente nel panico per settimane, che pensava al proprio posto di lavoro. Noi il nostro eravamo riusciti a farlo e per me era stato un sollievo».
Entriamo nello specifico nelle mancanze che imputa a Tacopina.
«Non è rispetto sparire e lasciare a Carra e Casella, il 5 giugno, il compito di dire che la Spal non si sarebbe iscritta a chi sul campo ne aveva permesso la futura esistenza. Durante quella video-call i giocatori sono rimasti in silenzio, vivendo un dramma assoluto. Solo Bruscagin è riuscito a fare due domande, in quanto rappresentante della squadra per l’associazione calciatori. I ragazzi avevano facce silenti e rabbiose. Sembrava di essere stati abbandonati a un funerale. Tacopina avrebbe anche dovuto spiegare a me e al mio staff tecnico il perché ci sono stati pagati soltanto i giorni del mese di febbraio e poi null’altro fino a oggi. Questa cosa mi fa venire il sangue marcio, essendo io il responsabile dello staff. Ricordo che si era scelto di venire a Ferrara rescindendo e perdendo il contratto in essere a Lecco».
Il presidente, durante l’ultima video-call con i dipendenti, ha detto di non essere interessato allo stato d’animo di chi ha composto la prima squadra.
«Sì, peccato che soltanto qualche settimana fa era lì a mandarci il messaggio per il premio salvezza. Come se a gente come noi servisse un riconoscimento per avere la motivazione di salvare la storia di questo glorioso club che abbiamo rappresentato. Lo sapevamo da soli, non ci servivano motivazioni economiche».
Ci racconta i giorni dopo il rompete le righe, cioè dal 19 maggio?
«Io e Casella ci siamo fermati un paio di giorni a Ferrara per preparare le eventuali tematiche da affrontare con la proprietà per il futuro. Avevamo iniziato a ragionare sui miglioramenti da apportare e a farci quindi trovare pronti per un eventuale confronto. In quei giorni avrei anche accettato anche di non essere confermato, perché questo fa parte del calcio, così come le critiche e i commenti, perché si parla di lavoro: quelli ci stanno e vanno accettati, non quello che è successa dopo. Io e Casella siamo poi rimasti in contatto, ma nemmeno lui era aggiornato e l’ultimo messaggio di Tacopina con ipotetica vista sul domani sportivo mi è arrivato 7-8 giorni prima dell’annuncio della non iscrizione, quindi sembrava tutto in ordine».
Però, sin dall’inizio, non ci ha mai nascosto che col presidente vi eravate sentiti poco durante quest’avventura.
«È stato un non-rapporto. A parte qualche messaggio, non l’ho mai sentito, nelle vittorie e nemmeno nelle sconfitte. Quando dicevo pubblicamente che a Ferrara non mancava nulla, però, era vero. Il primo stipendio di febbraio ci era stato pagato. Pensate poi ai soldi spesi per il ritiro in un albergo bellissimo e persino il pranzo di squadra dopo la salvezza l’ha pagato senza problemi la società. Quando ero a Catania, l’odore del fallimento di percepiva già da novembre, quando già le mancanze erano totali e quanto meno c’era stato il tempo di organizzarsi».
Quindi, com’è possibile che non siano tornati i conti?
«Conosco un sacco di gente nel mondo del calcio. Procuratori, presidenti, direttori sportivi: tutti mi hanno detto che era impossibile che la Spal potesse non iscriversi e quindi fallire. Lo dicevano ragionando conti alla mano. Non è una cosa a oggi spiegabile, ma sono convinto che basterà aspettare una ventina di giorni, poi determinate cose saranno più chiare a tutti».
E Follano in tutto ciò?
«Penso che anche lui sia stato fregato. Quando mi aveva visto piangere dopo la salvezza, mi era venuto incontro dicendomi che questo sarebbe stato l’ultimo anno di sofferenza per la Spal. L’ha detto anche davanti a Casella. Per me quelle parole, risentite ora, valgono tantissimo».
Anche la sua estate non sarà per nulla semplice.
«Come quella di tutti. I soldi di Catania, nemmeno tutti, ero riuscito a recuperarli dopo due anni. Tacopina non si rende nemmeno conto della difficoltà di non aver percepito 4 mensilità. Qui non stiamo parlando di serie A, ma di gente che se ha bisogno di soldi deve organizzarsi un mese prima con le banche. Ma è il sistema del calcio italiano che è sbagliato e agevola la gente come lui. Quale altra azienda italiana si permette di arrivare a giugno avendo pagato solo febbraio? Tanto al massimo si prende qualche punto di penalizzazione nel successivo campionato».
Cosa si terrà dentro di positivo in quest’esperienza alla Spal, che desiderava da anni?
«A me viene imputato di non vincere i campionati. Ma si sappia che la salvezza ottenuta con la Spal per me è stata come uno scudetto. Quando sono arrivato lo spogliatoio era in una condizione pietosa, quasi drammatica. Ma ce l’abbiamo fatta, compattandoci tutti assieme. Ci siamo salvati davanti a 11mila persone che hanno fatto il tifo per noi con tutto l’amore possibile, nonostante in precedenza ci fossero state critiche. Questo nessuno me lo potrà mai togliere. È stata un’impresa, così come altre che ho fatto nei miei passaggi a Catania e Trento. Queste sfide io me le vado a cercare, anche a costo di prendere le bastonate. Mi terrò nel cuore i rapporti nati con le persone con cui ho lavorato masticando amaro per settimane e settimane. Quando si parla di calcio, tutti hanno il diritto di essere arrabbiati o critici. Ma la gente si rende anche conto di chi sono le persone serie e nella vita quello resta l’importante. Alla Spal mi sento di aver vinto un campionato in mezzo a difficoltà psicologiche che mi hanno colpito anche personalmente, tant’è che mi sono fatto aiutare da un professionista come Fabio Cola. E in tutto ciò, Tacopina non si degna neanche di chiamarmi al telefono, sparisce e fa “saltare” la Spal? Ma di cosa stiamo parlando?».
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