Bruscagin: «Ho pianto, sono a pezzi. La Spal non è Tacopina»
Il difensore biancazzurro racconta la frustrazione di questi giorni: «La nostra grande famiglia messa in ombra da un gesto folle»
Ferrara Ogni buona chiacchierata inizia con un saluto e con un “come va?”. Matteo Bruscagin non esita e va dritto al punto del momento: «In generale tutto bene, se invece penso alle questioni calcistiche dico che possiamo stendere un velo pietoso».
Ci racconta il suo stato d’animo in questi giorni, dopo il terremoto che ha sconvolto tutto l’universo spallino? «Rabbia, delusione, frustrazione e potrei andare avanti ancora un bel po’. È stato un fulmine a ciel sereno, nessuno di noi se lo aspettava. Sabato 17 maggio eravamo riusciti a salvarci in un’annata brutta, vissuta tra mille difficoltà, ma pensavamo di aver dato una nuova spinta alla Spal. Quando, invece, ci hanno comunicato che la società non si sarebbe iscritta a me è mancata la terra sotto i piedi. Ho pianto perché ho visto buttare all’aria il lavoro e la fatica fatta in questi anni, a prescindere che fossi in una condizione di scadenza contrattuale. Ripeto, noi calciatori siamo i primi a essere consapevoli che la stagione è stata dura, ma la barca era arrivata in porto. Vedere vanificata tutta la fatica in questo modo penso sia svilente sia dal punto di vista professionale che umano».
Il racconto del recente vissuto? «Fino ai primi di giugno eravamo sereni, non c’era stata nessuna avvisaglia di una possibile catastrofe. I direttori, pur a grandi linee, stavano pianificando la prossima stagione nelle cose principali perché nessuno immaginava che il banco potesse saltare. Nei primi giorni del mese sono iniziate le voci e vi posso garantire che anche noi ci tenevamo aggiornati tramite siti e giornali. Eravamo preoccupati ma fiduciosi, perché anche gli anni scorsi tutto era stato fatto all’ultimo. Invece è poi arrivata la video-call in cui i direttori, e non la proprietà, ci hanno dovuto comunicare che la Spal non si sarebbe riuscita a iscrivere».
La reazione? «Tutti a pezzi. Increduli, smarriti, incazzati. Per motivi diversi siamo comunque tutti legati alla Spal e a Ferrara. In questi giorni ci stiamo continuando a sentire e a confortarci perché nel gruppo ci sono rapporti che vanno oltre al campo».
Lei non è un calciatore social. Sul suo profilo privato ha pubblicato qualcosa? «Un semplice post con due cuori, uno bianco e uno azzurro, accompagnato da una decina di foto di questi anni, comprese quelle con le coreografie della curva e l’ultima dello stadio nel playout di ritorno. Una serata che mi porterò sempre nel cuore».
Abbiamo saputo che ricopre il ruolo di rappresentante nello spogliatoio per l’Associazione Italiana Calciatori e che è stato l’unico a porre quesiti durante la video-call con Carra e Casella. «Sì, ho chiesto se si potevano avere notizie certe sulla precedente fideiussione depositata e chiarimenti sugli aspetti burocratici e sull’iter che avrebbero voluto seguire. Sappiamo che questo dipenderà dal futuro di Tacopina con la Spal, se ci sarà un proseguo o un fallimento. A oggi non abbiamo ricevuto aggiornamenti ma rimaniamo alla finestra quotidianamente. Cercheremo di capirne di più. L’ultimo pagamento del 16 aprile era riferito fino alla mensilità di febbraio. L’associazione molto probabilmente si farà certificare il debito sportivo dalla Covisoc, interverrà la Lega e noi capiremo quale strada percorrere».
Sull’ormai nota frase di Tacopina, disinteressato a voi della prima squadra? «Ci ha dato molto fastidio. Fino a 25 giorni fa eravamo pur sempre in campo per rappresentare anche la sua società. Giusto pensare ai dipendenti e al vivaio, ma la Spal è una grande famiglia e il rispetto va dato a tutti e in questo caso non c’è stato. Siamo gli stessi che avevano assicurato alla Spal la permanenza tra i professionisti. Oggi, di questo, ne andiamo ancor più orgogliosi e fieri. La Spal non è Tacopina. La Spal è la sua città, i suoi tifosi e i suoi dipendenti. Una grande famiglia che oggi è stata messa in ombra da un gesto folle».
Lei era in scadenza di contratto. Esisteva una possibilità di prolungamento o i giochi erano chiusi? «Fosse stato per me avrei continuato a indossare la maglia con orgoglio, fierezza e piacere. Io e la mia famiglia ci siamo trovati benissimo in questa città, che vive di calcio. Avrei proseguito senza alcun dubbio. Col direttore Casella, alla fine dei playout, ci eravamo fatti la promessa di aggiornarci una volta conosciuti budget e programmazione».
Estate e futuro di Bruscagin? «Voglio godermi la famiglia e gli amici. Ora sto andando una settimana in Trentino per staccare la spina e ricaricarmi mentalmente. Poi quando tornerò guarderò se saranno nate possibilità. Compirò 36 anni a breve ma mi sento ancora in forma e ho tutte le motivazioni per continuare a giocare perché il calcio mi diverte e mi fa star bene».