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Ars et Labor e Sant’Agostino, c’è già aria di derby. Lenzi: «Sarà speciale»

Alessio Duatti
Ars et Labor e Sant’Agostino, c’è già aria di derby. Lenzi: «Sarà speciale»

Da 15 anni è presidente dei Ramarri, quest’anno nello stesso girone del neonato club biancazzurro. I ricordi di bambino e un pronostico: «In Eccellenza vince chi ha i soldini»

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Ferrara Bruno Lenzi, presidente del Sant’Agostino dal 2010 al timone, si gode il decennio filato del suo Sant’Agostino nel campionato d’Eccellenza e attende con totale curiosità il clamoroso confronto con la Spal (oggi Ars et Labor Ferrara). «Quando ero bambino – racconta – mio papà mi portava “alla Spal”, poi qualche anno dopo andavo allo stadio in corriera con gli amici e a fine partita mangiavamo la pizza assieme. Sono cresciuto così, ho ancora bellissimi ricordi, nonostante poi gli impegni domenicali del calcio dilettantistico mi abbiano un po’ allontanato dal poter seguire le vicende spalline. Ma dentro sono sempre stato tifoso e anche oggi mi batte il cuore. La storia recente parla di un tracollo finanziario e gestionale che mi ha dato profondo dispiacere».

Avrebbe mai immaginato di condividere lo stesso campionato della Spal? «Ovviamente no. Fare questo derby sarà un grande onore, anche se mi sarebbe piaciuto giocarlo in categorie più alte. Per noi sarà sempre la Spal, anche se il nome Ars et Labor, conoscendo da vicino il significato, mi piace molto. Quest’incrocio entrerà nel mio curriculum, diciamo così. Dal punto di vista sportivo a noi non toccherà più di tanto visto che si viaggerà su obiettivi differenti. Avere la Spal “in mezzo ai piedi” sarà un problema per Mezzolara, Castenaso e per qualche romagnola vogliosa di vincere il campionato. Ovviamente tifo affinché lo possa vincere l’Ars et Labor e che la Spal torni il più rapidamente a fare i campionati che le spettano».

Come se le immagina quelle due domeniche? «Beh, mi batterà forte il cuore. In casa nostra avrò qualche preoccupazione in più perché il nostro impianto è bello ma nei numeri è per i dilettanti. Stiamo già ragionando sul da farsi, speriamo venga tanta gente, ma non troppa (ride; ndr). Battute a parte, tutti saranno i benvenuti e proveremo a capire al meglio come soddisfare le esigenze del pubblico. Al “Mazza” sarà una grandissima emozione, anche se ai tempi del Covid un assaggio del Sant’Agostino in corso Piave c’è stato grazie a un’amichevole».

Verosimilmente sarà un girone con quattro ferraresi, viste le presenze anche di Mesola e Comacchio… «Per fortuna non saremo più da soli e magari conteremo qualcosa in più a livello federale. Magari saremo considerati alla pari, o quasi, di altri territori. Dico ciò con dispiacere, perché sono da sempre fiero della nostra realtà e conosco le difficoltà».

La Spal riuscirà ad allestire la rosa più forte? «Nel calcio dilettantistico chi ha più soldini da spendere, di solito vince. Se sono reali le cifre che la nuova proprietà investirà nel primo anno mi vien da dire che ...stra vinceranno. Poi la gestione andrà valutata soprattutto negli anni a venire. Ho un ricordo recente, quando giocammo col Rimini che era fallito. Vinsero il campionato, ma all’ultima di andata, nella nebbia di Sant’Agostino, tornarono a casa con una pappina. Il calcio è bello anche per queste cose».

La convince la scelta argentina? «Da quello che ho capito, sentendo e leggendo qua e là, il criterio privilegiato è stato quello della forza economica. Se così fosse, non c’è nulla da dire. Anche se Mattioli, per la sua storia nel calcio locale, sarebbe stato una figura importante».

A quanto pare il mister sarà Di Benedetto, preferito al “nostro” Marchini. «La scelta di Davide sarebbe stata carina, con il Progresso era anche riuscito a vincere. Ma chi mette i soldi decide, quindi ho capito che Di Benedetto è una figura vicina a Triulzi e a chi si sta occupando ora quotidianamente della nuova società. So che ha lavorato tanto con i giovani, ma si sappia che per l’Eccellenza serve quel qualcosa in più. È un campionato duro e importante».

Cosa ci dice del prossimo Sant’Agostino? «Lo scorso anno ci siamo salvati al playout con una squadra che costava un po’ tanto. Abbiamo dovuto ridurre budget e spese, cambiando atteggiamento sia su prima squadra che sul vivaio».