Ars et Labor, c’è tanto da fare. Il debutto mostra tutti i limiti
Con la Fratta Terme corsa e gioco sono apparsi carenti
Ferrara Il disorientamento generale dopo la batosta subita dalla nuova Spal davanti ai quasi 6.000 di Corso Piave è più che legittimo. Tante, forse troppe, le cose che non sono andate nella prima uscita di campionato contro i ragazzi della Fratta Terme, capaci di sbancare il “Paolo Mazza” con un episodio in extremis, ma altrettanto abili nel render complicata la domenica spallina dal primo all’ultimo minuto di gara colmando ogni tipo di gap teorico. I romagnoli non hanno davvero rubato nulla e qualsiasi tipo di polemica o alibi sta a zero se si vuol far un’analisi costruttiva e rivolta al domani.
L’Ars et Labor vive un momento complicato a livello fisico, questo è sotto gli occhi di tutti, con alcuni cali drastici che anche contro il Mesola si erano verificati nella seconda parte della sfida. Servirà tempo, ma si spera non troppo per evitare di perdere punti preziosi di una classifica ancor tutta da scrivere. È tuttavia onesto sottolineare come non ci sia però tutta questa distanza atletica globale rispetto ad avversari che durante la settimana si allenano meno per la propria vita professionale (esempio, il numero 10 della Fratta, capitan Gallo, è psicologo-insegnante in un centro educativo).
La precarietà della condizione fisica è fattuale, ma la caduta spallina non è esclusivamente riferibile a ciò. E nemmeno all’emozione di vivere una prima volta davvero fitta di responsabilità, davanti a un pubblico meraviglioso. Le motivazioni e le gambe tremanti ci sono state per entrambe le squadre. In maniera comprensibile, perché si è tutti esseri umani e la cornice del “Mazza” avrebbe emozionato chiunque. Ci sono altri aspetti che hanno lasciato sul prato verde più di una perplessità. Anzitutto l’atteggiamento battagliero, venuto a meno o comunque assai ridotto rispetto ai dirimpettai (loro, il famoso coltello tra i denti, l’hanno avuto eccome). Arrivare sempre in ritardo su contrasti e seconde palle, lasciar lì situazioni mezze e mezze, non può essere cosa da una squadra che vuol vincere il campionato.
Alcune situazioni di passività – compresi il gol subito dal Mesola in Coppa e quello (dubbio) annullato alla Fratta – non ce le si può permettere. Idem le dormite su palle inattive, visto che i gol dei forlivesi sono arrivati da tali sviluppi. La fase difensiva va fatta in maniera più feroce e più attenta con il solo Dallara che ha dimostrato qualità e leadership. Per gli altri sono arrivate amnesie che costano brutte figure, ma soprattutto punti preziosi.
Ma anche la proposta d’attacco è parsa poco fluida. Poco possesso, spesso sterile, e poca velocità messa nella pratica per scardinare la resistenza ospite. Soltanto Malivojevic con la tecnica e Senigagliesi con la corsa hanno fatto quel qualcosa in più (idem il frizzante Barazzetta quando entrato dalla panchina). Gli altri hanno lavorato sotto ritmo e dalle corsie laterali non sono arrivati gli sbocchi necessari. L’assenza di un leader – non solo carismatico – come Ricci s’è fatta sentire in mezzo al campo, nonostante Mazza se la sia cavata abbastanza bene.
È parsa invece assai evidente la necessità di munirsi di quel centravanti – da maglia 9, rimasta vacante – che manca palesemente in rosa soprattutto se si pensa alla pochezza di occasioni costruite e se questo sarà un leit-motive anche delle prossime gare allora un finalizzatore diventa indispensabile. Carbonaro ci ha messo generosità ed è entrato nelle immagini salienti (di testa avrebbe dovuto far meglio). L’assalto finale è stato portato dai giovani Mazza G. (2004) e Lanza (2008): prospetti volenterosi, muniti di colpi, ma ancora leggerini per situazioni da acqua alla gola. Situazioni evidenti agli occhi della nuova proprietà. Vedremo se si sbloccherà qualcosa sul noto fronte Cesario.
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