Ferrara, Marta Bertoncelli e un sogno olimpico
L’atleta ha chiuso la stagione di canoa slalom con il bronzo in Coppa del Mondo: «Voglio continuare a migliorarmi per poter arrivare a Los Angeles ancora più forte»
Ferrara È un mondo tutto da scoprire, quello della canoa slalom, adatto per cuori, braccia e menti forti. Un po’ ci si nasce, un po’ ci si tempra. È il caso della graziosa signorina Marta Bertoncelli da Ferrara, 24enne che pagaia controcorrente nelle acque mosse di mezzo mondo, non smette di allenarsi nemmeno durante le rare pause trascorse nella natia Ferrara, me neppure si dimentica un appuntamento dalla parrucchiera o per fare la manicure. Non è più una ragazzina, Marta, ha appena concluso la sua prima stagione da senior: alle spalle già due partecipazioni olimpiche e infinite gare internazionali. Tanto, ma non abbastanza: l’azzurra portacolori del Gruppo Sportivo Carabinieri nata remando al Canoa Club Ferrara ha un traguardo chiaro e preciso: le Olimpiadi di Los Angeles 2028. La stagione 2025, però, si è conclusa da poco, quindi è d’obbligo passare prima per un bilancio.
Marta, partiamo dalla fine: il Mondiale in Australia.
«È andato male. È stata una strage per tutti, frutto di una brutta programmazione: abbiamo gareggiato in un canale dove non eravamo mai stati, dall’altra parte del mondo. L’approccio è fisico e tecnico, ma se un’acqua non la conosci molto...».
Sei uscita in semifinale: potevi fare meglio?
«Sì, perché potevo e dovevo fare per me molto meglio».
Da come l’hai descritto, bisogna imparare ad affrontate l’imprevisto?
«Sì. Le qualifiche sono andate bene, invece in semifinale c’era un vento allucinante: l’imprevisto c’è per tutti, poi ognuno lo gestisce come riesce. Uno dei miei problemi è che si è aggiunto un elemento di casualità alla situazione del canale poco conosciuto, così è diventato più difficoltoso prevedere i movimenti dell’acqua. Il mio è uno sport incentrato sull’imprevisto e sulla gestione di quello che ti succede sotto la barca in quell’istante: se ci metti anche il vento che muove le porte... Meno conosci il canale, meno sai dove metterti in base ai movimenti dell’acqua, se le porte oscillano e non devi toccarle, ma nemmeno saltarle...».
Insomma, una gara assai problematica: come c’eri arrivata?
«La mia preparazione a livello mentale è stata ottima, non sentivo nessuna pressione della gara o dell’evento, l’ho vissuta come un’occasione in più per dimostrare quello che era stata la mia stagione. È stato un giorno brutto in acqua, non riuscivo a recepire, a sentire... Non c’è colpa di niente che non sia solo mia: dobbiamo gestire l’imprevisto e il momento. Sicuramente è stata una bella lezione, non ricapiterà più».
Al Mondiale niente gara a squadre.
«È stata un scelta della Federazione non portare Elena Micozzi in Australia, così non l’abbiamo potuta fare».
Più in generale, la tua stagione com’è stata?
«Una gran stagione, quella che volevo. Non sono una che vuole arrivare subito al risultato, ma lo costruisce perché arrivi poi costantemente. Quest’anno ho fatto tutte le finali, sono arrivata quasi sempre a un passo dalla medaglia, poi l’ultima tappa di Coppa del Mondo, che vale il doppio di punti, sono arrivata quarta a 6 centesimi dalla terza e quella è stata una bella rosicata: avrei voluto concludere sul podio, ma nella classifica generale sono arrivata comunque terza, che è stata tanta roba. È stato come rompere il ghiaccio, salire di un livello e consolidarlo: adesso il passo successivo è affinare piccole cose ed essere sempre in zona medaglia».
La concorrenza com’è?
«Si sta alzando molto il livello della nostra categoria, i tempi sono molto stretti, tante buone prestazioni quasi sempre. Il mio, però, è sempre stato un gioco a migliorarmi il più possibile per arrivare alla versione migliore che posso essere: se qualcuno mi batte, chapeau e poi si prova a migliorare ancora».
L’obiettivo a lungo termine?
«Sicuramente l’Olimpiade. Il prossimo anno sarà importante, le qualifiche inizieranno già nel 2026. Avremo l’Europeo assoluto a Ivrea, quindi in casa, a settembre, poi il mondiale assoluto nello stesso canale delle Olimpiadi di Los Angeles, che poi è a Oklahoma, molto lontano da Los Angeles, ma sarà un’Olimpiade diffusa... Quasi nessuno, tranne un’americana che vive lì, c’è già stato. Ci sarà una gara lì a inizio marzo, andremo a tastare il terreno».
Sei presissima...
«Vivo per quello che faccio: in vacanza non ho toccato canoa per due settimane, per godermi la famiglia in serenità, ma intanto ho analizzato la stagione per l’anno prossimo e poi via ad allenarmi».
Dove?
«Non starò così tanto a Ivrea, cercherò di allenarmi con più gente possibile e in posti diversi: sarà un inverno di molto movimento e sacrifici, perché stare lontano dagli affetti pesa».
Il vostro ambiente sembra più collaborativo di altre discipline...
«Sì, non c’è tanta competizione, ognuno deve migliorare i propri punti di forza, trovando il suo modo di farlo. Non c’è agonismo “cattivo”, una competitività esasperata: è una disciplina molto tecnica e quindi molto personale. Più acquisisci bagaglio di movimenti e azioni tecniche e più potrai prendere spunto da altri, ma poi devi elaborarlo tu. Mi ritengo molto fortunata a essere in questo ambiente, si riesce a creare legami umani che vanno al di là della competizione, si diventa amici: non è la mia perdita e la tua vittoria, ma chi riesce a gestire meglio l’imprevisto. Poi, le gelosie ci sono, per carità...».
Anche fra te e l’altra ferrarese Elena Borghi?
«Siamo avversarie, ma per me è come famiglia, è fra le mie migliori amiche».
