Ars et Labor, l’abito da professionista non ti sta. Crisi su tutti i fronti
Nel derby la difesa ha scricchiolato e la squadra si è svegliata per non annegare. I problemi si accumulano e lo scollamento con l’ambiente è il rischio maggiore
Ferrara Il fallimento, un motivo per rinsaldare il legame – da tempo scollato – nell’ambiente. Si era cercato quantomeno di vedere il bicchiere mezzo pieno quando quel giorno dei primi di giugno arrivò la notizia che la Spal non si sarebbe iscritta al campionato di serie C. Da lì i fatti sono noti e con la nascita dell’Ars et Labor è stato lanciato l’obiettivo risalita. Una rifondazione più radicale non sarebbe stata possibile, la stessa che ci si auspicava per voltare pagina una volta per tutte dopo le crisi sportive inanellate nel post serie A – del fallimento avrebbero tutti fatto a meno, ma se proprio era inevitabile… Invece la storia a Ferrara non cambia mai e le problematiche rimangono: un campionato agevole sembra chiedere troppo, persino in Eccellenza, categoria che la città estense mai aveva vissuto.
L’Ars et Labor è entrata in un tunnel buio, con risultati e prestazioni negative se si pensa agli obiettivi dichiarati il “giorno uno”, e ogni volta che scende in campo inizia a respirarsi, insieme all’odore dei fumogeni, un’aria quasi soffocante. È il peso delle aspettative che giorno dopo giorno inizia a gravare sulle spalle dei biancazzurri, che in campionato non vincono da tre settimane. Tre partite senza segnare, con due pari e una sconfitta, a cui va aggiunta la sfida di sabato. Nel derby con il Sant’Agostino gli estensi hanno ritrovato il gol, ma solo dopo averne subito uno: infatti, si sono trovati a rincorrere due volte e anche la decantata solidità difensiva è scricchiolata. Troppo assente la retroguardia, rimasta a guardare il Sant’Agostino che ha tirato tre volte consecutive in porta prima di segnare il gol dell’1-0 e poi fattasi sorprendere alle spalle su un calcio piazzato in occasione del 2-1 biancoverde. E se i Ramarri non avessero combinato la frittata nei minuti di recupero finali staremmo addirittura parlando di una sconfitta.
I lampi in attacco si vedono anche, ma stranisce come una squadra così attrezzata come l’Ars et Labor si eclissi dal campo per gran parte degli incontri. Sul terreno di gioco ci sono anche gli avversari, certamente, ma l’impressione è che la squadra allenata da Di Benedetto spenga e accenda l’interruttore durante le partite, senza capire le motivazioni e se per meriti o demeriti propri. Il problema è che, giunti a questa fase della stagione, non regge più l’alibi del ritrovo posticipato rispetto alle avversarie e dell’aver avuto meno tempo per fare gruppo… al netto che questo si sia effettivamente creato. Perché ciò che, tra le altre, spesso manca in campo è la forza della collettività: il risultato è una squadra priva di dialogo dove emergono soltanto i singoli, che per quanto di livello superiore non potranno mai pareggiare l’ardore del gruppo. Tanto più se gli infortuni iniziano a tempestare via Copparo, dove negli ultimi mesi i calciatori si stanno fermando uno dopo l’altro. Tornare poi in campo e riprendere il feeling non è semplice, l’ha ricordato anche l’allenatore, ma qui sembrano emergere criticità nel trattamento di stress fisici e sovraccarichi e gli impegni ravvicinati – subito fatti notare dal tecnico – non possono essere una scusa per l’Ars et Labor, che vuole assumere il ruolo di professionista in Eccellenza.
A questi guai si aggiungono quelli “di testa” e di atteggiamento, a cui ci si era appellati anche nella precedente mini-crisi di inizio percorso. Questa volta però la storia è ben diversa, perché al termine dell’ultimo pari mister Di Benedetto ha pesantemente puntato il dito contro la tifoseria. «Siamo stati contestati e infamati dopo due minuti: non è facile giocare con questo clima», ha detto ai microfoni. Sicuramente ci sono ragazzi che non reggono questa pressione, ma il professionismo prevede anche l’affrontare periodi non facili dando il massimo. Professionismo, sì: non ci siamo dimenticati che l’Eccellenza fa ancora parte delle categorie dilettantistiche, ma l’aria che si respira in via Copparo è di chi vuole apparire più grande di quanto è adesso. Ieri su queste colonne l’abbiamo chiamata spocchia. Un atteggiamento che anche i tifosi hanno dimostrato di mal sopportare, scandendo il messaggio a tu per tu con la dirigenza: «È il modo di scendere in campo in questa categoria? Non c’è rispetto per questi colori». Dimessi e senza bussola gli estensi, se non quando l’acqua era ormai alla gola e serviva uno strappo per non annegare. Perché la classifica lascia ovviamente ancora tutto aperto, ma qui è chiaro che non si tratti in primis di una questione legata ai numeri. Lo insegna il campo: il Sant’Agostino ha guadagnato un punto esattamente come l’Ars et Labor, ma i primi sono usciti tra gli applausi della Curva Ovest, i secondi invece sotto una pioggia di fischi.
Li chiameremo problemi di percezione: mister Di Benedetto avrà anche rinunciato a un altro anno di contratto alla Sampdoria per venire a Ferrara e avrà sicuramente inteso le aspettative – legate alla storia – di questa piazza, ma comportarsi da professionisti in un mondo di dilettanti non implica essere migliori degli altri. Il campo sarà stato anche in pessime condizioni – comunque le medesime per tutti – ma ci dovrà fare l’abitudine in questo periodo dell’anno e in questa categoria: fango e zolle sono all’ordine del giorno e se le condizioni finiscono «per esaltare il gioco degli avversari e non il nostro», alla lunga il discorso si svuota trasformandosi in incapacità di leggere la realtà in cui si è calati. Non il professionismo, come si dovrebbe aver intuito, ma puro dilettantismo: comportamenti presuntuosi finiscono soltanto per generare scollamenti, che Ferrara si è stancata di vivere.
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