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Addio al 2025 annus horribilis, dalla Spal all’Ars per sperare

Alessio Duatti
Addio al 2025 annus horribilis, dalla Spal all’Ars per sperare

La stagione travagliata, l’illusoria vittoria nello spareggio con il Milan Futuro. Il tracollo firmato Tacopina-Follano e la rinascita argentina: adesso si lotta

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Ferrara Riavvolgere la mente e rivivere quanto successo in questo 2025 sul fronte biancazzurro fa molto male e non è cosa per nulla semplice. Perché no, non si sta parlando “solo” di calcio. Quando c’è di mezzo il pallone nei cuori e nelle vite dei tifosi, si tratta sempre di qualcosa in più, che non si può capire se non ci si è dentro, parafrasando Nick Hornby nel libro Febbre a 90’. Allora viene spontaneo quell’amaro magone nel ripensare ai lunghissimi ultimi 12 mesi trascorsi: sempre e comunque difficili sul campo, ma soprattutto gravemente macchiati dalle mosse finanziarie di un signore americano giunto a Ferrara a vendere sogni di gloria, ma poi scomparso dai radar estensi – per sua scelta – dopo aver commesso il delitto calcistico che nessuno sportivo avrebbe meritato.

Nei classici bilanci di fine anno, dalla pandemia Covid in poi, i report hanno sempre avuto sintesi di negatività tra risultati mancati, drammi di campo sfiorati, pochezza generale e una cattiva gestione societaria, poi certificata dal tempo e dai fatti. Ma questo 2025 verrà per sempre ricordato come l’anno più nero della Spal. Oggi diventata Ars et Labor Ferrara Calcio e costretta a battagliare – faticando a più non posso – nei campi sportivi dell’Emilia Romagna per tentare di risollevarsi dalla categoria più bassa mai conosciuta prima dalla città estense: l’Eccellenza.

Destino playout

Circa 365 giorni fa l’oscena stagione di serie C 2024/2025 necessitava di alcuni correttivi di mercato per evitare di sprofondare. In via Copparo arrivarono i vari Haoudi, Spini, Parigini e Molina (solo quest’ultimo avrebbe lasciato un certo tipo di traccia). Dopo un girone d’andata abbondantemente insufficiente e con tutto il club contestato (compresi i direttori Carra e Casella), la Spal si riprese con 4 punti illusori tra Perugia e Lucchese. Il pareggio con il modesto Sestri Levante e il ko di Carpi sotto i colpi dell’ex Contiliano fecero di nuovo piombare il morale sotto i tacchi. La seguente sconfitta interna contro il Milan Futuro costò la panchina a mister Andrea Dossena: al suo posto Francesco Baldini, persona schietta e integra, ma capace di portare la squadra solo a giocarsi la salvezza allo spareggio coi giovani del Diavolo. Nel mezzo, tante altre sconfitte, pochi punti raccolti e un crocevia finale scritto da settimane. L’andata del playout con l’under 23 rossonera era finita malissimo (1-0) e al ritorno – davanti ai quasi 11mila del “Paolo Mazza” – solo una vittoria avrebbe salvato la categoria (e generalmente, si pensava, il futuro del club e delle tante persone che vi ruotavano attorno).

Sul campo i biancazzurri di Baldini fecero il proprio, con Molina eroe della serata datata 17 maggio. Sembrava essere arrivato l’happy ending, poiché il sospirone era stato tirato da tutti. La chiusura della carriera di campo di un ancora decisivo Mirco Antenucci era stata apparentemente salvata, ma il peggio si sarebbe palesato un paio di settimane a seguire.

L’incubo e la rabbia

Il club stava iniziando a pianificare il proprio futuro, tant’è che ancor oggi le principali figure che gravitavano nell’ambiente del “G.B. Fabbri” continuano a manifestare la massima incredulità per quanto accaduto. A un certo punto i proprietari Joe Tacopina e Marcello Follano vanno in cortocircuito (anche tra loro) e, quand’è troppo tardi per far tornare quei conti che non sarebbero mai potuti tornare, diventa chiaro che la società sarebbe risultata inadempiente per l’iscrizione al campionato successivo. Al di là delle formalizzazioni burocratiche del Consiglio federale e dei successivi passi del tribunale (la Spal srl è stata dichiarata poi fallita a inizio agosto e le questioni rispetto ai creditori proseguiranno per ancora diverso tempo) è presto evidente a tutti che la compagine biancazzurra sarebbe sparita dal professionismo tricolore, con annessi e connessi.

Soltanto due situazioni riescono a lenire le gravi ferite dei cuori spallini. La prima è la manifestazione d’affetto e d’amore che tutto il popolo ferrarese mostra per le vie del centro cittadino, la seconda è la vittoria dello scudetto under 16 di categoria da parte dei giovani guidati da Eros Schiavon, una bandiera biancazzurra.

Ripartenza argentina

Il Comune di Ferrara, con in prima fila il sindaco Alan Fabbri e l’assessore allo sport Francesco Carità, iniziano a lavorare alla ripartenza. Quello di metà giugno/inizio luglio è il periodo delle voci, delle cordate vere e presunte, dei progetti e del nuovo nome – suggerito dalla tifoseria – Ars et Labor. Peccato che poi la nuova società avrebbe usato, come oggi fa, con prevalenza la dicitura Ferrara Calcio. Ad ogni modo, nel cuore dell’estate sullo scalone municipale sale l’argentino Juan Martin Molinari e la spunta su tutti (in particolar modo sui gruppi locali di Trio e Mattioli e su quello di Bizzarri con la X Martiri che era sostenuta dalla reggiana Terre di Castelli).

Con Molinari ci sono Andres Adolfo Marengo – a inizio ottobre nominato presidente e protagonista di un unico appuntamento in sala stampa –, ma soprattutto il procuratore Pierpaolo Triulzi, che, assieme al collega Giuseppe Piraino, gestirà poi tutta la fase operativa e pratica della ripartenza dalle parti di via Copparo, con conseguenti scelte tecniche e generali. In società rimane qualche volto del passato, il nuovo direttore generale è l’argentino Bruno Pradines, ma soprattutto la parte sportiva viene assegnata a Mirco Antenucci, che inizia così la sua nuova vita professionale fuori dal rettangolo verde. La piazza vede in lui la luce della ripartenza e in migliaia si recano a fare gli abbonamenti e a vedere le prime uscite amichevoli della squadra, che giorno dopo giorno stava nascendo agli ordini di mister Stefano Di Benedetto.

L’Ars et Labor, dopo un po’ d’attesa, ridà vita anche al settore giovanile (e i lavori sul vivaio femminile sono tema di questi giorni). Il resto è storia recente, anzi recentissima. Le dimissioni di Antenucci, l’approdo formale di Sandro Federico, che anche nei mesi precedenti era stato un riferimento per la nuova società e quel rendimento di campo non soddisfacente – ma ancora potenzialmente migliorabile, verso un traguardo raggiungibile – per una piazza ambiziosa. A oggi la storia dice che ci sarà da duellare con il Mezzolara.