La Nuova Ferrara

La storia controversa tra Ferrara e il Po

La storia controversa tra Ferrara e il Po

Uscito il libro di Magagna che racconta le storiche rotte: la prima fu registrata nel 108 a.C., le principali nel 1152 e 1952

21 ottobre 2014
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La storia delle popolazioni e dei territori è anche la storia delle sue acque, alluvioni comprese. Come abbiamo visto nei giorni scorsi a Genova e poi a Parma, e come racconta Luciano Maragna, andando molto a ritroso nel tempo, nel suo ultimo libro “Le rotte dei fiumi nel territorio ferrarese”.

Un rapporto da sempre complesso e contrastato quello della nostra provincia con il Po, ben sapendo che le sue terre si sono formate a partire dai materiali che il grande fiume ha depositato per millenni.

Le cronache registrano esondazioni fin dall’epoca avanti Cristo: nel 108, ai tempi dell’imperatore Augusto, ecco che “le acque sommersero e sconvolsero l’abilitabilità del territorio ferrarese - scrive Maragna -. Poi il governo romano diede inizio alla realizzazione delle grandi opere dell’arginatura dei fiumi per scongiurare le alluvioni”. In età medievale, nell’anno 657, si ricorda una grande rotta nell’Alto Ferrarese e il disastro cambiò anche il corso del Panaro.

Molto importante fu la rotta di Ficarolo nel 1152: causò un’inondazione generale e “fu certamente l’evento più traumatico della storia del Delta Padano - ricorda l’autore del libro -. Da quel momento le vorticose acque si crearono un nuovo alveo e un nuovo corso, denominato, come attualmente, Po di Venezia o Po Grande; mentre il ‘vecchio’ corso proseguì a nord di Ferrara e venne denominato Po di Ferrara”.

In precedenza il corso principale seguiva il ramo del Primaro, quindi molto più a sud; il nuovo tragitto penalizzò la via fluviale e quindi gli scambi commerciali della comunità ferrarese, favorendo quella veneziana.

Il potere delle acque venne sfruttato anche a fini bellici. Per esempio nel 1309, quando i veneziani causarono una rotta per sommergere il territorio ferrarese; oppure nel 1703, con l’esercito austriaco che progettò di tagliare in più punti l’argine del Po per liberarsi dai francesi che difendevano le fortificazioni delle rodigine Melara e Ficarolo. Ma per le rotte più disastrose bisogna riferirsi a tempi più recenti: al 1705 ma soprattutto al 1951, quando “alle ore 19 del 14 novembre il Po ruppe l’argine sinistro a Malcantone di Occhiobello e riversò nell’intero territorio del Polesine di Rovigo oltre 7 miliardi di metri cubi d’acqua che allagarono una superficie estesa di 100.000 ettari”, causando 84 morti e oltre 180mila senzatetto.

Quello realizzato da Maragna, che prende in considerazione anche le disavventure riguardanti il vicino fiume Reno, è “un affresco completo - scrive nella prefazione Adriano Rossi - sulle vicende storico-idrauliche dell’evoluzione del territorio ferrarese, generato dallo scorrere delle acque dei fiumi, ora calme, tranquille e scarse nei momenti di magra, ora limacciose, impetuose e aggressive, nei momenti di piena”.

Maragna è laureato in lettere all’Università di Bologna: giornalista pubblicista, è fra le altre cose socio dell’Accademia delle Scienze di Ferrara e della Deputazione di storia patria ferrarese, associazioni che arricchisce con le sue dettagliate ricerche storiche.

Fabio Terminali

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