La Nuova Ferrara

A Ferrara è arrivato il misterioso didgeridoo

A Ferrara è arrivato il misterioso didgeridoo

L’antico strumento degli aborigeni diventa un corso tenuto da Andrea Guidetti: «È un prolungamento di noi stessi»

29 ottobre 2014
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Ha più di 2.000 anni, forse addirittura 15.000, ma oggi continua a fare la sua figura anche accanto a basso, chitarra, batteria in pezzi blues, rock e funk. Forse proprio perché il suo suono primordiale fa vibrare qualche corda interiore. La prima volta che ne abbiamo sentito parlare sembrava quasi si trattasse di una moderna tendenza musicale, una nuova diavoleria etnica. Il didgeridoo, strumento degli aborigeni australiani, originario della terra di Arnhemland, è in realtà un vero e proprio highlander della musica. E dalla scorsa settimana Ferrara ha il primo corso ufficiale di didgeridoo, tenuto da Andrea Guidetti alla Musijam. Destino o casualità, Andrea quattordici anni fa in una sera d’agosto girando per le vie di Ferrara viene rapito da un suono ipnotico e alcuni anno più tardi, dopo le lezioni di Riccardo Moretti e Paride Russo, la sua ‘fame’ lo spinge sino in Australia dove incontra Djalu Gurruwiwi, ultima figura di culto e maestro del didgeridoo.

«Una volta che presi padronanza delle tecniche di respirazione - ci spiega proprio Andrea -, mi si spalancò un nuovo universo. Mi sono evoluto nella tecnica attraverso la sperimentazione e l’ascolto dei grandi maestri australiani e contemporaneamente è cresciuto il mio interesse per la cultura aborigena. La necessità di provare nuovi suoni mi ha portato a costruire i miei strumenti, inizialmente con il bamboo e poi con il legno».

Quali sono le fasi di costruzione di questo strumento?

«I rami, una volta tagliati in maniera longitudinale, vengono svuotati a mano con sgorbie, le metà successivamente vengono riunite. L’interno del didgeridoo viene trattato con impregnanti atossici a base di acqua e l’imboccatura viene realizzata in legno tornito o in cera d’api nera».

Andrea con il didgeridoo può affrontare qualsiasi scala musicale, ma non solo. L’utilizzo dello strumento permette anche di ritmare un sound, pronunciare parole e produrre altri suoni. Del resto, lo stesso nome ‘didgeridoo’ conserva un’origine onomatopeica.

Cosa suggerisci a chi è incuriosito da questo strumento?

«Vale la pena imparare a suonarlo perché non è un semplice strumento, diviene un prolungamento di noi stessi, le vibrazioni diventano emanazione delle pulsioni interiori».

Cosa rispondi invece a chi lo considera uno strumento di serie B?

«Nella musica non esistono serie A, B, C…la musica unisce tutto e tutti. Uno strumento preistorico come questo, capace di fondersi e intrecciarsi a tutti i generi musicali, ne è la testimonianza». Tutte le info su www.andreadidgeridoo.it

Eleonora Poltronieri

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