Age, nove adolescenti come impianto umano sul palco
Nove adolescenti, un manovratore in scena col computer, un fondale che fa da maxischermo, una coreografa e diverse frasi proiettate, alcune delle quali sono veri e propri luoghi comuni, altre ideate...
Nove adolescenti, un manovratore in scena col computer, un fondale che fa da maxischermo, una coreografa e diverse frasi proiettate, alcune delle quali sono veri e propri luoghi comuni, altre ideate perché hanno una loro consequenzialità che si presta all'interpretazione subitanea, al gesto istintivo, al canto-cantilena o al silenzio-mugugno. I nove adolescenti, scalari per statura e probabilmente per età, sono Tilahun Andreoli, Samuele Bindini, Thomas Calvez, Marco Calzolari, Camilla Caselli, Jacques Lazzari, Matteo Misurati, Emma Saba e Martina Simonato. Il manovratore in scena col computer è Angelo Pedroni, la coreografa è Francesca Pennini.
Questo è l'impianto umano di Age spettacolo di danza contemporanea messo in scena nel Teatro Comunale Abbado l'altra sera. Impianto umano, perché l'unica realtà immutabile sono gli adolescenti che interpretano (anche improvvisando) loro stessi tra il suono di un gong e l'altro, come sul ring del pugilato. Gong - boxe - gong - pausa all'angolo - gong ripresa. E così via. Sul maxischermo corrono le frasi, sul tappeto i ragazzi a due, a tre, a quattro, oppure tutti (nel terzo set dello spettacolo), si muovono. Danzano? No. Si muovono. Alla danza sono riservate alcune figure d'assieme evidentemente ispirate ad Alvin Ailey e alcuni passi/passaggi uso tanz-theater interpretati dai più versatili verso questa disciplina artistica.
Sera dopo sera, replica dopo replica, solo l'impianto umano si conserva simile a se stesso, mentre invece il movimento, l'inserimento della danza nel movimento che non è danza ma deambulazione, posa, atteggiamento, cambia col mutare delle situazioni, delle frasi ispiratrici, della composizione del gruppo e (forse) anche dei bioritmi personali e del tempo meteorologico. Eppure lo spettacolo regge, si capisce che non è improvvisazione facilona e guitta, si sente che sotto c'è del lavoro che si rivolge al pensiero più che al gesto, che sollecita l'ispirazione carpe diem piuttosto che la reiterazione di una posa. Successo caloroso, ma a Ferrara fa meno testo che altrove perché platea e palchi erano gremiti di parenti e conoscenti.
Athos Tromboni
©RIPRODUZIONE RISERVATA