La Nuova Ferrara

Il parco dei bimbi perduti

Davide Bertasi
Il parco dei bimbi perduti

Da quasi cinquantanni l’ex ospedale psichiatrico infantile di Aguscello fa paura Quegli “scomodi” ragazzini venivano lasciati nella struttura e dimenticati dalle loro famiglie  

6 MINUTI DI LETTURA





Su un muro, qualcuno ha lasciato una scritta: “Chiunque farà girare la giostrina, non riuscirà più a fermarla, perché le anime dei bambini giocheranno in eterno”.

Non ha eguali, in Italia, la fama sinistra di un luogo che è stato oggetto, negli ultimi decenni, di articoli, ricerche ed inchieste, non solo giornalistiche, ma anche televisive.

Quello che resta dell’ex ospedale psichiatrico infantile di Aguscello, il sobborgo delle ville di Ferrara, a pochi chilometri dal centro città, dopo il quartiere di Villa Fulvia, è ancora lì, immobile, nella pianura.

il mistero della proprietà

Non è chiaro quasi nulla, al suo riguardo. Non si sa, infatti, esattamente di chi sia la proprietà, ma parrebbe, forse ancora, della Croce Rossa Italiana. Non si sa, inoltre, con precisione quando abbia cessato la propria attività.

L’unica cosa certa è che, su quella costruzione, continuano a proliferare racconti, e ricostruzioni, fatti da decine di siti, facilmente accessibili in Internet, che possono tranquillamente testimoniare come non esista in Italia un luogo altrettanto celebre, per un certo genere di interessi e letteratura, se il termine mi è consentito.

Nella storia di Aguscello, è, altresì, indubbia la centralità delle figura dei ragazzi, di giovani adolescenti o di bambini, che un filo rosso sembra poi condurre ad un’altra costruzione, anch’essa abbandonata, distante solo pochi chilometri da lì: la famigerata villa Magnoni di Cona.

Le cartelle cliniche dei pazienti, ricoverati ad Aguscello, nel corso degli anni, dovrebbero essere tutte all’archivio pubblico cittadino, e consultabili su richiesta.

Ma quella che si può rinvenire sulle medesime, forse, non è che una parte della storia.

Da abitazione a ospedale

È sicuramente, invece, un dato inconfutabile che la villa, disposta su almeno quattro livelli, oltre al sotterraneo, con una superficie interna di circa 1400 metri quadrati, e cinque ettari di parco, sia stata edificata intorno al 1870.

Nel corso dei decenni, sarebbe passata di proprietà in proprietà, fino all’acquisto da parte di una signora ferrarese, tale Amalia Guerra, negli anni venti del secolo scorso: la stessa, poi, nel 1933, l’avrebbe trasformata da residenza privata in ospedale per la cura della tubercolosi: una storia parzialmente simile a quella di tanti altri nosocomi, sorti nel nostro paese, e dediti al trattamento di una patologia molto diffusa al tempo, come, ad esempio, l’istituto pneumologico dell’isola di Sacca Sessola, a Venezia.

Il primario della struttura era proprio il marito della medesima, il dottor Giovanni Bernardi.

Attorno al 1940, la villa sarebbe stata rilevata dalla Croce Rossa Italiana, e destinata ad ospedale psichiatrico infantile. Gravi casi di disagio mentale di infratredicenni sarebbero stati ospitati all’interno del famigerato immobile, gestito da alcune suore, dal personale infermieristico e medico.

mistero e dicerie

Ciò che più stupisce, però, ed alimenta mistero e dicerie, è proprio la mancata presa di posizione sull’argomento, da parte di chi di dovere: alcuni di quelli che vi lavorarono, infatti, potrebbero essere ancora in vita, anche se molto anziani.

Nella recente storia clinica, e non solo, dei luoghi, non si è mai levata, però, alcuna voce che smentisse categoricamente i racconti che, da decenni, circolano intorno a questa struttura ed alla sua storia.

Certamente il nosocomio, specializzato in malattie nervose di minori, ha cessato la propria attività intorno al 1970, meno di cinquant’anni fa.

I metodi che venivano seguiti, dagli operatori e dai sanitari, nel corso della sua attività trentennale, non parrebbero essere stati, col senno di poi, dei più ortodossi.

La storia stessa, del resto, di questa branca della medicina, presenta alcuni aspetti, per così dire problematici, sia sulle metodologie seguite, che sulle modalità di trattamento dei pazienti, che hanno, non a caso, condotto, nel tempo, a profondi cambiamenti, sia di approccio che contenutistici.

terapie e paura

Si narra, infatti, che le suorine incaricate non ci andassero molto alla leggera nel ricorrere all’utilizzo dell’elettroshock sui piccoli pazienti: quali danni potessero causare certe terapie, in soggetti così piccoli, lo possiamo solo immaginare.

E si dice che diversi di loro non siano sopravvissuti ai trattamenti medesimi.

Vi è chi racconta che quegli scomodi giovani familiari, marchiati, forse a volte, anche ingiustamente con la nomea della follia, venissero ricoverati, e poi dimenticati lì, dai loro stessi genitori e parenti, che li vivevano sovente come un peso, da sistemare e poi abbandonare. E, probabilmente, la stessa loro morte poteva fare parte delle varie eventualità contemplate con quelle decisioni.

Le dicerie circa la tragica fine di molti di loro, e del loro seppellimento all’interno del parco, od in qualche anfratto nei sotterranei, sono state alimentate, negli anni, dal silenzio calato sul nosocomio, seguito dalla sua repentina chiusura circa, appunto, cinquant’anni anni fa: qualcuno dice per un incendio, che ne mise in pericolo l’integrità e la sicurezza (ma tracce di fuoco e fumo non sono mai state trovate), qualcuno per un’epidemia mal gestita.

CACCIATORI DI FANTASMI

Quello che appare certo è che, attorno alla struttura di Aguscello, ha iniziato a gravitare un mondo estremamente variegato: dai semplici curiosi, ai cacciatori di fantasmi, a persone dedite all’occultismo ed al satanismo.

Chi più e chi meno, a cercare di verificare se le voci ricorrenti, circa le luci ed i rumori, che venivano uditi dagli abitanti delle poche case vicine, quasi tutte ville signorili, fossero reali, o meno, oppure a tentare un contatto con l’aldilà attraverso l’evocazione degli spiriti di quelle sfortunate creature, lì ricoverate.

Fra tante, in questi decenni, un solo nome è trapelato: quello del giovane Filippo E.

Pare fosse un bimbo biondo di nove anni, vivace, come molti altri della sua età: forse un po’ troppo per quelle suorine.

Si narra che, esasperato dai trattamenti, alla metà degli anni sessanta, una sera, sia salito all’ultimo piano e si sia gettato nel vuoto. Qualcuno sostiene che il corpo non sia nemmeno mai stato recuperato, o forse lo si sia volutamente occultato, come diversi altri.

Sta di fatto che, di lì a poco, l’ospedale psichiatrico infantile chiuse definitivamente i battenti.

Ma c’è chi giura che un bambino dai capelli biondi e lunghi sia stato visto correre, anche in anni recenti, più di una volta, in quella giungla di vegetazione varia, che per molto tempo è stato il parco della villa.

Adolescenti e paura

Ed una storia di adolescenti ha come teatro anche l’altra villa, cui ho fatto cenno, all’inizio di questo racconto: la Villa Magnoni.

Abbandonata anch’essa da moltissimi anni, ridotta quasi a rudere pericolante, ma con ancora tracce all’interno dei bellissimi affreschi che ne ornavano le sale, rappresenta il manufatto edilizio di maggiore pregio della popolosa frazione cittadina di Cona, distante davvero pochissimi chilometri da Aguscello e dal suo istituto psichiatrico.

Pare che un pomeriggio d’estate del 1986, alcuni giovani del paese, quattro per l’esattezza, in cerca di avventura, si siano introdotti all’interno del parco.

l’orribile vecchia

Dopo qualche minuto, mentre si avvicinavano alla casa, una repentina apertura di una delle finestre del piano superiore li avrebbe fatti sobbalzare. Alzato lo sguardo, avrebbero visto un’orribile vecchia inveire con parole incomprensibili verso di loro. Fuggiti in fretta e furia, rientrarono presso le loro abitazioni.

Quella stessa sera, tre di loro, però, persero la vita in un incidente stradale, nel tratto tra Gualdo e Portomaggiore. Fu il quarto, dopo alcuni giorni, a raccontare ai familiari, cos’era successo nel pomeriggio. Le numerose incursioni, all’interno della villa, che ne seguirono, i pericoli legati alle problematiche dell’edificio, spinsero il comune a murare le finestre ed a recintare, su ogni lato, il parco. Ma poche settimane dopo, quella finestra, dalla quale quella spaventevole anziana figura femminile si era affacciata, venne rinvenuta completamente smurata e aperta.

Villa Magnoni risulta, ancora oggi, disabitata ed invenduta, legata, in questo, allo stesso destino del famigerato ex ospedale psichiatrico della vicina Aguscello. —

Davide Bertasi

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI