Il congedo del direttore Luca Traini / La nostra Ferrara sa essere straordinaria
Il saluto di Luca Traini che ha guidato la Nuova Ferrara dal 21 aprile 2016 al 14 dicembre 2020
Bentrovata Ferrara, scrivevo quel ventuno aprile. Arrivederci, dico. Siamo ai saluti: con la cessione della testata si conclude il mio lavoro alla Nuova. Sono stati quattro anni intensi, complicati ma stimolanti e densi di soddisfazioni umane e professionali. Condivise, nell’impegno quotidiano, con una squadra di redattori preparati e generosi e con una rete ampia di preziosi collaboratori. Insieme abbiamo scritto forse settantamila pagine, raccontando una comunità che per strappi velocemente muta nella fatica di (ri)trovare un equilibrio meno precario, e le dinamiche in cui si muove. Pagine appassionate come quelle dedicate ad una maglia che è identità e orgoglio, al romanzo di un calcio che incontri in piazza, si muove in bici.
Due giorni dopo quel ventuno aprile la Spal conquistò la serie B, e l’anno successivo subito la A – sono stato un direttore fortunato... La lascio ai piani alti della classifica, lanciata all’assalto di ciò che merita di riprendersi. Pagine miliari, come la clamorosa conquista leghista del capoluogo (e di Copparo), preceduta dai successi nei collegi uninominali di Camera e Senato. Eclatante, simbolica, ma non inattesa: avevamo pubblicato segnali e indicatori, ché un giornale – questo giornale – non si limita a rendicontare ciò che è accaduto ieri, ma nell’analisi onesta dei fatti offre spunti e prospettive per il domani.
E pagine terribili, da primavera. Con il Covid che nelle prime settimane s’è mosso lentamente, facendo coltivare anche alla scienza l’illusione di una qualche forma di immunità, ma non era che l’effetto del relativo isolamento territoriale e socioeconomico: una provincia ai margini dei grandi flussi di traffico e degli scambi, con una bassa densità abitativa e scarsi assembramenti. Il virus ha picchiato duro, durissimo anche qui. Ci ha trovato impreparati – e colpevolmente impreparati nella seconda ondata – ha fatto una strage silenziosa nelle case di riposo. La mappa del contagio che quotidianamente aggiorniamo, è tornata ad essere completamente rossa, conta oltre quattromila ferraresi attualmente positivi e 335 deceduti. Una riga dopo l’altra, colonna dopo colonna, l’elenco delle vittime ha assunto la forma geometrica, straniante, di un cimitero di guerra, una litania di età e di luoghi per una coorte di uomini e donne da ricordare e rispettare. Uomini e donne, ciascuno con la propria storia e i propri affetti. Non numeri. Tutte le volte che ci è stato accordato, sentite le famiglie, abbiamo voluto restituire l’immagine e un ricordo pubblico a chi non ha potuto avere neppure un normale funerale.
I lutti, lo strazio delle bare di Bergamo portate con i camion militari, le scuole chiuse, i divieti ordinati dai sindaci e dal presidente della regione, la risma di Dpcm, il lockdown, il coprifuoco, gli effetti tremendi per un tessuto economico già fortemente provato. Ma anche straordinarie testimonianze di impegno e di positiva fatica, le storie di chi ha inventato possibilità e trovato soluzioni. Mesi durissimi, in cui il rapporto con i lettori si è intensificato. Sotto il diluvio di parole, quando la necessità di avere un’informazione corretta e sicura è stato tanto più urgente, i ferraresi hanno cercato la Nuova – ne siamo orgogliosi. Ci hanno premiato in edicola, con il giornale che è tornato a crescere e ha guadagnato significative quote di mercato, sul sito che ha consolidato i suoi primati e attraverso i social.
I social, croce e delizia. Formidabili strumenti di contatto immediato, vetrine privilegiate, eppure concime per ignobili, gratuite, rancorose vigliaccate. Ne abbiamo dovute leggere troppe. Sul conto dei Vincelli, mamma e papà ammazzati nel sonno a Pontelangorino, che il tribunale delle tastiere trascinò cadaveri sul banco degli imputati dopo aver dovuto mollar la presa contro negri, rumeni e albanesi e lo stato che non sa difendere chi paga le tasse. Mamma Nunzia e papà Salvatore erano stati uccisi dal figlio sedicenne e dall’amico, e allora giù con un’altra raffica di sentenze: colpa della droga, colpa della scuola, colpa di Internet, colpa dei soldi facili, della bella vita, dei “no” che quel ragazzino non aveva preso dai genitori. Se la sono cercata, recita definitiva la sentenza.
E cosa vuole quel ferrarese che dorme in camper con la moglie davanti all’hub polesano di Amazon perché con i turni e lo stipendio che si ritrova non può permettersi né un affitto, né di fare il pendolare? Di che si lamenta? Ringrazi Iddio che ha da lavorare e un letto: sai quanta gente sta in mezzo ad una strada, e mica fa tutte queste storie... Sotto il post con cui abbiamo presentato la sua storia, la scorsa settimana, s’è raggrumata una maggioranza di reazioni incattivite. Per non dire delle porcate che fioriscono contro i vecchi, colpevoli di tenere in scacco il Paese con quell’assurda pretesa di voler sopravvivere alla pandemia, alla loro età… Aberrazioni. Che il web catalizza e amplifica. Ombre di una comunità gentile, per natura introversa, ma di laboriosa solidarietà. Il cuore grande dei ferraresi.
Gli oltre cinquecento ragazzi che si sono messi ordinatamente in fila in piazza Municipale, in un pomeriggio di novembre, rispondendo all’appello della Nuova per candidarsi donatori di midollo osseo con l’Admo, sono un’immagine straordinaria che fa onore a questa terra, la conservo gelosamente. La seconda tra le pagine che più ho care, quella che scelgo per congedarmi. Ringraziando voi che mi avete letto con indulgenza, l’editore per la libertà e l’autonomia che ha garantito, e la fiducia.
Noi ci salutiamo qui, la Nuova resta. In ottime mani.
Buone letture. —