La Nuova Ferrara

L’intervista

Lavia a Ferrara, una vita per il palcoscenico: «Il mio Goldoni contemporaneo»

Samuele Govoni
Lavia a Ferrara, una vita per il palcoscenico: «Il mio Goldoni contemporaneo»

L’attore in scena all’Abbado di Ferrara con “Un curioso accidente”

03 febbraio 2024
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Ferrara Dici Gabriele Lavia e dici teatro, recitazione, regia. È un’istituzione, fa parte dei grandi del palcoscenico. Nel corso della sua carriera, lunga ben più di mezzo secolo, ha portato in giro per l’Italia decine di spettacoli. I suoi allestimenti hanno fatto scuola e oggi, a 81 anni compiuti, ha ancora molto da dire e da insegnare. Com’è possibile? Semplice, non ha mai smesso di studiare. Quando affronta un testo non si limita a metterlo in scena per quello che è, cerca nuove chiavi di lettura, interpretazioni alternative. Ecco perché Lavia è Lavia.

Questa sera alle 20.30 e domani alle 16 sarà sul palco del Teatro Comunale Abbado di Ferrara (corso Martiri della Libertà, 5) con “Un curioso accidente”, commedia di Carlo Goldoni ambientata in Olanda nel 1759, durante la Guerra dei sette anni. In vista dello spettacolo, e dell’incontro con il pubblico in programma per oggi alle 18 al Ridotto, lo abbiamo intervistato.

Come descriverebbe lo spettacolo?

«Da un punto di vista interpretativo è un lavoro complesso ma per il pubblico è semplice, si diverte e noi siamo contenti. Non si tratta di un testo famosissimo di Goldoni ma contiene in sé tematiche importanti. La storia si svolge durante la Guerra dei sette anni, un momento particolarmente difficile a livello internazionale».

E cosa succede?

«Uno dei protagonisti è un commerciante olandese, la figlia si innamora di un uomo che è nemico della patria ma decide di sposarlo comunque. Lo fa senza il consenso del padre e senza dire niente a nessuno, un gesto piuttosto rivoluzionario se pensiamo all’epoca in cui è ambientata la storia. Goldoni mette in scena una figura di donna indipendente, che prende in mano la sua vita in maniera autonoma. Non ha bisogno di consensi, fa quello che si sente di fare».

Cosa significa per lei confrontarsi con un classico?

«Ho sempre cercato di guardare ai classici con occhi diversi, come se fossero nostri contemporanei. Lo leggo con gli occhi di oggi, non con quelli di due secoli fa. Forse è un mio limite però è quello che ho sempre cercato di fare. I classici vanno rispettati ma, allo stesso tempo, bisogna riuscire a trasportare l’opera nel presente. Non parlo di costumi, parlo del modo con cui si affronta una storia».

Si emoziona ancora?

«L’emozione c’è sempre ma in maniera diversa. Prima di salire sul palco non ho più paura come quando avevo a vent’anni; sono anziano, mi preoccupo piuttosto di tenere a mente le battute, di ricordare i movimenti. Occupandomi anche della regia, alla fine, sono quello che prova sempre di meno. La maggior parte del tempo sto in platea a guardare gli altri poi quando tocca a me finisce sempre che sono l’ultimo della classe».

Cos’è il teatro per lei?

«La vita. Ho ottantuno anni e faccio teatro da quando ne avevo venti, quanti anni... Ho trascorso tutta la vita tra palcoscenici e platee e mi piace continuare a farlo. Lo amo. Non so per quanto tempo ancora potrò portare avanti i miei progetti però ne ho ancora e mi auguro di poterli realizzare».

Per informazioni e biglietti: tel. 0532.202675.l