La Nuova Ferrara

L’intervista

Festival della poesia a Ferrara, Gulinelli: “Evento necessario”

Samuele Govoni
Festival della poesia a Ferrara, Gulinelli: “Evento necessario”

L’assessore alla cultura racconta la genesi della rassegna e ricorda Roberto Pazzi: “Fu amico e mentore”

07 febbraio 2024
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Ferrara «Non abbiamo bisogno di parole per sopravvivere, ne abbiamo bisogno per vivere». Può essere sintetizzata qui, in questa frase dello scrittore svedese Jón Kalman Stefánsson, la mission del festival della poesia "Roberto Pazzi" in programma da oggi a domenica a Ferrara. Marco Gulinelli, assessore alla cultura del Comune di Ferrara, come l’autore nordico sostiene che letteratura e poesia siano fondamentali per la vita delle persone. «Magari non ne siamo nemmeno consapevoli fino in fondo, ma è così», dice. Assessore, perché un festival sulla poesia?

«Perché è necessario, perché ne abbiamo bisogno. Spesso la cultura viene relegata a bene superfluo, invece è fondamentale. Con Roberto (Pazzi, ndr) avevamo iniziato a immaginare ad una rassegna multiforme dedicata alla poesia e poi lui, purtroppo, se ne è andato. È stato naturale per noi intestare questo evento a lui, un modo per ricordarlo e omaggiarlo anno dopo anno».

Letture, spettacoli teatrali, conferenze... il programma è fitto e variegato.

«Sì, abbiamo cercato di creare un momento di condivisione e confronto capace di parlare a quante più persone possibili. Volevamo parlare di poesia in senso stretto, quindi di scrittura e di metrica, ma senza togliere spazio a suggestioni e riflessioni personali. Ognuno, al di là della tecnica, ha il proprio modo di approcciarsi a un testo, a uno spettacolo, a una fotografia... alla vita. Vorremmo che questo festival offrisse chiavi di lettura nuove, che aprisse finestre su mondi inesplorati».

Gli appuntamenti si svolgeranno in parte all’Abbado e in parte al Cortazar di Pontelagoscuro. Com’è nata questa collaborazione?

«È un’altra tappa di un percorso che prosegue da anni. Il Nucleo, che ha appunto sede al Cortazar, rappresenta un elemento di prestigio per Ferrara. È un presidio culturale in una zona periferica, porta il teatro al di fuori degli spazi convenzionali. Per parlare di poesia abbiamo bisogno anche di teatro di strada e di palchi differenti. Abbiamo bisogno di persone. Coinvolgere il Nucleo in questo percorso è stata una scelta naturale».

Cosa resta oggi di Roberto Pazzi e chi era per lei?

«Resta la testimonianza vivente di un’intera esistenza dedicata alla parola. Per me era un amico, un mentore. Grazie a lui ho scoperto Proust, Borges, Saba, Sereni, Michelstaedter... autori che si sono rivelati fondamentali nel mio percorso di essere umano. Mi ha aiutato nella scrittura, grazie ai suoi consigli sono riuscito a esprimere a parole sentimenti ed emozioni che avevo dentro e non riuscivo a tirare fuori. Era una persona gentile, a tratti schiva, ma se si fidava sapeva essere generoso».

Torniamo al festival. Nel corso degli incontri si affronteranno poeti e poetiche differenti. C’è un comun denominatore?

«Sì, l’immortalità. Poeti, filosofi e scrittori attraverso le loro opere esplorano temi universali ed è su quelli che la prima edizione del festival della poesia si concentrerà. Non volevamo limitarci a un singolo omaggio, volevamo esplorare attraverso linguaggi diversi i sentimenti e le sensazioni che portiamo dentro ogni giorno. Da sempre».

Ultima domanda: che cos’è per lei la poesia?

«La capacità di trasmettere emozioni profonde e difficili da sintetizzare in modo conciso e potente»