La Nuova Ferrara

L’anniversario

Romagna mia, settant’anni di mito

Samuele Govoni
Romagna mia, settant’anni di mito

Dalle balere ai giorni dell’alluvione, storia di una canzone divenuta inno popolare. Riccarda Casadei: «Papà aveva la musica nel sangue, ha inciso oltre mille brani»

27 giugno 2024
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Ferrara «"Romagna mia" è entrata nel cuore della gente, un fatto che dopo settant’anni ancora non riesco a spiegarmi. È una bella canzone, certo, ma dev’esserci una motivazione più profonda. Credo che abbia a che fare con le nostre corde interiori». Riccarda Casadei, figlia di Secondo, autore di "Romagna mia" e di altre mille canzoni, quando ripensa alla genesi di quel brano si emoziona ancora. «Inizialmente si intitolava "Casetta mia" e anche nel testo, al posto di Romagna, c’era sempre "casetta"; poi in sala di incisione a Milano il maestro Dino Olivieri propose al babbo di cambiare "casetta" con "Romagna". Fu subito magia». Riccarda avrà raccontato questa storia centinaia di volte, forse migliaia, ma gli occhi si accendono ancora come se fosse la prima.

Il brano

«Fu composta nel 1953 col titolo appunto di "Casetta mia". Il babbo l’aveva scritta pensando proprio alla nostra casa di Gatteo, un’abitazione modesta che per noi era una reggia. Era stata costruita nel dopoguerra, frutto di tanti sacrifici. Papà ne era così entusiasta che scelse di dedicarle una canzone». Lo spartito rimase nel cassetto per diversi mesi poi, nel 1954, durante la registrazione di un disco a Milano successe qualcosa. «Secondo - continua la figlia - registrava due dischi all’anno, uno prima dell’estate e uno dopo; ciascuno con dodici canzoni. "Romagna mia" entrò quasi per caso in uno di questi Lp perché dovettero sostituire un brano all’ultimo momento». Olivieri chiese al compositore romagnolo se avesse qualche canzone extra, lui aprì la borsa con gli spartiti e tirò fuori "Casetta mia". «Il maestro rimproverò bonariamente mio padre: "Secondo, mi parla sempre della Romagna, di quanto è bella e di come si sta bene... perché non ci mette Romagna al posto di casetta?". Detto fatto». Un paio di settimane dopo la canzone era già tra le più richieste durante le serate. Radio Capodistria iniziò a trasmetterla più volte al giorno, e tutti i jukebox da Gabicce ai Lidi Ferraresi ce l’avevano. «Ricordo che entrò subito nel cuore e nella testa della gente e negli anni si è affermata sempre di più. Tante orchestre da ballo l’hanno inserita nel loro repertorio e in questi settant’anni è stata suonata migliaia e migliaia di volte in tanti modi diversi». Emblematiche le immagini dell’anno scorso quando dopo l’alluvione i volontari spalavano il fango intonando proprio quella canzone. «Sicuramente è una canzone che infonde coraggio e speranza. Sentirla cantare in coro in un momento così drammatico è stato toccante».

Essere una Casadei

«Per me è sempre stato un onore essere una Casadei e lo è ancora oggi. Il babbo amava la musica, la amava tantissimo. Era una persona sempre entusiasta, di una dolcezza indescrivibile». Anche se il suo erede sul palco fu Raoul Casadei, scomparso nel 2021, Riccarda ha ricoperto un ruolo importante nell’azienda di famiglia. Fino al 1989 è stata a capo della segreteria dell’orchestra Casadei e tuttora è titolare delle edizioni musicali Casadei Sonora. «Io e mio fratello - dice - non eravamo tanto portati per suonare ma la musica ha fatto comunque parte della mia vita. Secondo morì nel 1971, ancora oggi riceviamo visite da parte di figli e nipoti di persone che magari si sono conosciute e sposate sulle note delle sue canzoni. È bellissimo».

Il riconoscimento

Nel 2004 Riccarda ricevette una chiamata da Roma. «Mi passarono Ennio Morricone, inizialmente credevo fosse uno scherzo poi capii che era tutto vero. Il maestro mi disse che conosceva le canzoni di mio padre e che lo riteneva un autore prolifico e un compositore spontaneo. Poi - conclude ancora emozionata - definì "Romagna mia" un piccolo gioiello nella sua semplicità. Fu fantastico».