Copparo, il dialetto e la Spal: «Quante risate con Finetti»
Il cantautore ferrarese si è spento nel 2018, il ricordo della figlia e dell’amico Rossoni
Copparo Il cantautore Alfio Finetti, uno dei volti più iconici e divertenti dell’itera provincia, si spegneva a Ferrara esattamente sei anni fa. Attraverso le sue canzoni ha saputo raccontare pregi e difetti dei ferraresi e della vita quotidiana di provincia. Lo ha fatto attraverso brani ironici, divertenti, alcuni divenuti veri e propri classici per il territorio. Oltre duecento canzoni pubblicate con uno stile unico e inimitabile che Sergio Rossoni, uno dei suoi più cari amici, assieme alla figlia del cantautore, Rita Finetti, cercano di far rivivere facendolo riscoprire ad ogni occasione.
Nella memoria
«Ricordo il suo buonumore – dice Rossoni – e il suo modo di vedere la vita col bicchiere mezzo pieno, se non tre quarti. Ma anche la simpatia, la disponibilità, la gentilezza, l’intelligenza oltre all’umorismo». Proprio questo è stato il tratto distintivo di Finetti, che ha saputo amalgamare testi dialettali, sonorità blues e liscio. Chi lo ha conosciuto da vicino rievoca con piacere i pranzi o le cene con lui, quelle interruzioni con la forchetta a mezz’aria in cui già si sapeva che Alfio stava per raccontare una della sue fulminanti barzellette inventate lì per lì. Tra le sue produzioni più conosciute vi è l’inno della Spal di cui era tifoso, ma anche “Al condominio” rimasto nella memoria collettiva dei ferraresi o “Al re dla miseria” e molte altre ancora in una produzione incredibile, fatta di spensieratezza e ironia. «Lui riusciva a vedere il lato comico delle cose. Anche in quelle più tristi che la vita ci mette davanti – racconta la figlia Rita – era un ottimista: cercava sempre la positività e un modo per non abbattersi, nonostante avesse avuto lui per primo una vita non facile». Orfano di padre a soli 6 anni, con la madre che faceva l’infermiera e che aveva poco tempo per occuparsi della famiglia, dato che all’epoca chi faceva quella professione doveva svolgere molte altre mansioni. Alfio non si diede per vinto cercando sempre di darsi da fare. «Era difficile che parlasse apertamente della sua infanzia. Era un capitolo, era sempre molto riservato», dice la figlia. Dopo il periodo d’oro è iniziato il declino, con quella malattia lenta e inesorabile che si porta via giorno per giorno pezzi di memoria. «Per uno come lui che aveva inventato e creato canzoni era un insulto ed è stato triste per amici e parenti vedere che stava dimenticando ciò che lui stesso aveva costruito, con i suoi tempi comici unici, con la battuta giusta al momento giusto».
Ieri e oggi
Dopo alcuni anni in casa di riposo la malattia ebbe la meglio e se lo portò via l’8 agosto del 2018. Aveva 84 anni. «Ciò che manca di più, oltre al personaggio e all’artista – prosegue Rossoni – è il modo di ridere che avevamo in quegli anni. I ragazzi di oggi non ridono più con le battute che faceva Alfio allora. C’è un’altra modalità. Manca la battuta grassa, quella modalità di risata che avevamo noi. Poter fare la battuta senza preoccuparsi di offendere qualcuno». Per tenere vivo il ricordo di Alfio, oltre ai concerti con la tribute band (l’ultimo si è svolto sabato 3 agosto a Portomaggiore) composta da Rossoni e da Rita Finetti, oggi c’è anche un museo nel ridotto del teatro De Micheli di Copparo in cui è esposto il suo pianoforte, le sue chitarre i suoi dischi, le sue foto e i suoi più cari ricordi, in attesa di un cd con all’interno i suoi brani più famosi, per tornare a far ridere di gusto la sua Ferrara.