La Nuova Ferrara

L’intervista

Erri De Luca a Ferrara con “L’età sperimentale”: «Affronto la vecchiaia in modo sgangherato»

Stefania Andreotti
Erri De Luca a Ferrara con “L’età sperimentale”: «Affronto la vecchiaia in modo sgangherato»

Sabato 20 settembre lo scrittore sarà all’Apollo nell’ambito del Silver Festival

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Ferrara Lo scrittore Erri De Luca sabato 20 settembre alle ore 18 presenterà il suo ultimo libro al Cinepark Apollo di Ferrara, nell’ambito del Silver Festival, una tre giorni di eventi gratuiti dedicati alla terza età, ai caregiver e ai servizi di cura, organizzato dalla cooperativa Cidas. Quella di Erri De Luca è una profonda riflessione sull’anzianità, “L’età sperimentale” (ed. Feltrinelli) come la definisce fin dal titolo. Eppure, non viene naturale associare la sua figura, da sempre portatrice di una pulsante vitalità, allo stereotipo del declino fisico e cognitivo che attribuiamo alla vecchiaia. Il suo slancio non è proiettato verso il basso, ma verso l’alto, in una tendenza inversa rispetto alla discesa e al rallentamento. La Nuova Ferrara lo ha raggiunto per chiedergli come convive con i suoi 75 anni.
Per come la rappresenta, la terza età non è l’aprirsi di un baratro, ma raggiungere una vetta. È così che se la aspettava?
«Quando una persona in un autobus si alza per cedere il posto, ecco che arriva la notizia: si è diventati vecchi. Poi a me succede che mi chiedano “Ma tu ancora scali pareti? ”. Quando spunta l’insidioso avverbio di tempo “ancora” l’età senile è ribadita e confermata. Avvenuta questa trasformazione, allora cerco d’interpretarla a modo mio. Questo racconto sull’età sperimentale non è un libretto di istruzioni per l’uso della vecchiaia, è invece il mio modo sgangherato di affrontarla».
Le viene naturale affrontarla in questo modo o ha sentito il bisogno di elaborare un suo metodo?
«Vedo la vecchiaia come la lenta risalita di un bosco in montagna. Verso l’alto la vegetazione si dirada e c’è più luce intorno e la vista è panoramica. Vedo la mia vecchiaia come un’esplorazione verso possibilità nuove, sconosciute, dunque in salita e non una discesa verso le dimissioni. Mi comporto poco saggiamente col mio corpo, di certo non lo tratto come un convalescente bisognoso di protezioni. È un’età sprotetta, come anche il modo in cui sto andando in montagna. Nel filmato omonimo su Rai Play “L’età Sperimentale”, dimostro cosa intendo».
La pratica costante dello studio e della scrittura che lei esercita quotidianamente ha un effetto su questo processo?
«La lettura prima, la scrittura dopo, mi impegnano il cranio, poi aggiungo un più assiduo allenamento fisico, abitudini mattiniere, un po’ più di sobrietà alimentare. Insomma, faccio manutenzione dello scheletro».
E la prossimità con l’ambiente, lo stare nella natura?
«La natura nella mia definizione personale è dove la specie umana è assente o insignificante. In questo la montagna è ideale, bastando allontanarsi da sentieri e piste. Abito invece in campagna, ma pur con lo spazio intorno, più alberi che persone, resta uno spazio sottomesso alla presenza umana».
Le immagini che ci ha offerto nel filmato, dove la vediamo appeso ad una parete di roccia, possono apparire spaventose, ma lei non sembra avere paura. È così? C’è qualcosa che le procura timore in questa tappa della vita?
«Non mi verrebbe in mente di procurarmi della paura apposta. Faccio invece una cosa naturale prendendo dei rischi volontari e perciò festivi. Dico in fondo a quel filmato che il mio non è un progetto di longevità, ma quello di vivere giorno per giorno nelle migliori condizioni possibili. Ho il privilegio di poter fare le cose che mi stanno a cuore».
Cosa la meraviglia in questo momento storico?
«Mi meraviglia l’ignoranza volontaria. Ho vissuto nel tempo in cui la Repubblica appena nata cercava di alfabetizzare il popolo. Ho conosciuto e visto la sete di sapere, di conoscere, il sacrificio di chi dopo il lavoro operaio andava alle scuole serali per istruirsi. Oggi c’è la migliore capacità di conoscenza a disposizione di tutti e c’è un regresso verso l’analfabetismo volontario. È come uno che vuole scalare e si benda gli occhi».
Nella sua esperienza o in quella degli amici che condividono la sua età, il mondo dei servizi, non solo sanitari, è adeguato alle necessità? Si è confrontato su questo con Inés de la Fressange, coautrice del libro, che vive in Francia e conosce un altro sistema di welfare?
«Siamo ancora in un sistema sanitario che cerca di curare tutti senza distinzioni di ceto. I governi incentivano la sanità privata, ma siamo ancora in un sistema pubblico, qui come in Francia. Dopo la pandemia mi sarei aspettato un’attenzione obbligatoria alle strutture sanitarie. Invece i governi, oltrepassata l’emergenza, ritornano all’andazzo dei tagli al bilancio della salute pubblica».
Vuole aggiungere qualcosa?
«Ho un solo consiglio da suggerire all’età senile: portare più anni che chili».

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