Max Giusti protagonista a Ferrara: «La comicità è antidoto alla solitudine»
L’intervista all’attore e conduttore tv tra infanzia, i film di Alberto Sordi e il successo. Venerdì sarà sul palco del Teatro Comunale con lo spettacolo “Bollicine”
Ferrara Max Giusti, attore e conduttore tv che non ha certo bisogno di presentazioni, sarà protagonista venerdì alle 20.30 con “Bollicine”, spettacolo in scena al Teatro Comunale Abbado di Ferrara (corso Martiri della Libertà, 5). Dopo il successo travolgente de “Il Marchese del Grillo”, che ha conquistato pubblico e critica, l’attore romano si racconta in un’intervista a la Nuova Ferrara, svelando la propria passione e i segreti dietro al nuovo show teatrale.
Cos’è per lei la comicità? «Per me la comicità è accettazione. Ho passato un’infanzia in cui sono stato spesso da solo, in quanto figlio unico e con due genitori molto impegnati per via del lavoro. Far ridere gli altri era il mio modo per farmi accettare nei gruppi di amici. Negli anni questa cosa si è evoluta e a oggi per me comicità vuol dire esistere».
C’è qualcuno a cui si è ispirato a inizio carriera? «All’inizio penso di aver rubato da tutti e me ne sono reso conto due anni fa facendo “Il Marchese del Grillo”. Sono cresciuto con i film di Alberto Sordi, ricordo che durante le estati tutti i gironi alle due trasmettevano i suoi film e me li guardavo e riguardavo tutti. Credo che ci sia un po’ di Sordi in tutti quelli della mia generazione, nel modo di fare e di scherzare».
Tornando al “Marchese del Grillo”, che esperienza è stata per lei? «È stato stupendo, soprattutto perché ho potuto dire per la prima volta davanti al pubblico “mi dispiace, ma io so io e voi non siete un cazzo” (ride, ndr). Ho avuto l’onore di poter interpretare un personaggio totalmente liberatorio in uno spettacolo veramente divertente».
Come nasce questa nuovo spettacolo? «“Bollicine” nasce dal desiderio di essere contemporaneo. Avevo necessità di parlare della mia contemporaneità e soprattutto dei miei cambiamenti. È uno spettacolo molto ritmato, con diverse contaminazioni a partire dai tempi della stand up comedy. È una vera macchina di risate».
Come mai “Bollicine”? «Il titolo si deve a Massimo Piparo, direttore artistico del Teatro Sistina di Roma. Secondo lui “Bollicine” è un titolo che mette voglia di uscire di casa per passare una bella serata. Non so se ci ha azzeccato ma vedendo come è andata la prima parte, penso proprio di sì. A questo si aggiunge la seconda motivazione legata al concetto di “stapparmi”, ovvero dimenticatevi la parte classica da conduttore, qua mi levo la giacca e mi tiro su le maniche».
Cosa porta sul palco? «Sul palco porto uno spettacolo vero in cui tratto anche temi attuali come il patriarcato e il rapporto delle persone con i social. “Bollicine” non è uno show pettinato, anzi, è molto diretto, anche nel lessico, senza però offendere alcuna categoria».
Una franchezza che molti suoi colleghi evitano per paura del politicamente corretto, cosa ne pensa? «Il politicamente corretto secondo me è un falso problema. Chi si lamenta di non poter dire le cose, non ha capito che non siamo più negli anni ’80 – ’90. Se oggi, per far ridere serve offendere qualcuno sull’aspetto fisico o sull’orientamento sessuale, preferisco raccogliere una risata in meno».
È cambiata la comicità. «Prima si rideva con Charlie Chaplin, poi con Totò, poi con Alberto Sordi e infine con Carlo Verdone. È cambiata in primis la società e con essa anche la comicità. Se non pensi questo, secondo me sei tagliato fuori. Non porto in scena uno spettacolo sdolcinato ma non per questo devo offendere qualcuno».
Ci saranno anche i suoi celebri personaggi? «Durante la prima parte a Roma non erano previste, poi però le mie imitazioni di Borghese e De Laurentis sono diventate talmente conosciute che la gente se le aspetta. È un po’ come se andassi al concerto della mia band preferita, i Dire Straits e in scaletta non inserissero “Tunnel of Love”».
A Ferrara c’è già stato, le piace? «A Ferrara sono stato già due volte, di cui una ho un ricordo veramente nitido e positivo. Amo quella zona e soprattutto il popolo che la abita, dedito al lavoro e al sacrificio ma che contemporaneamente sa anche come divertirsi. Chiedo venia perché non mi limiterò nel portare un po’ di emiliano-romagnolo fatto a modo mio».
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