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Il caso

Comacchiese attacca un deputato e finisce a processo per un commento

Comacchiese attacca un deputato e finisce a processo per un commento<br type="_moz" />

L’autore è stato querelato per diffamazione e portato in tribunale, la diatriba innescata dall'esultanza del politico per l'affossamento del Ddl Zan che voleva inasprire le sanzioni per le discriminazioni legate all'orientamento sessuale. L'ex parlamentare ora vuole 10mila euro di risarcimento

23 aprile 2024
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Ravenna Una foto di giubilo per festeggiare la bocciatura del Ddl Zan. Abito da parlamentare con le sedute di Montecitorio fotoshoppate alle spalle e un Ipad in mano con le emoji in segno di vittoria accanto alla scritta “Ddl Zan affossato”. L’onorevole leghista Guglielmo Golinelli annunciava così, il 28 ottobre 2021, il naufragio in Senato della proposta di legge per inasprire le sanzioni nei confronti delle discriminazioni legate in particolare a orientamenti sessuali e identità di genere. Nei giorni roventi del dibattito, il suo profilo Facebook aveva collezionato una raffica di commenti. Tra i quali quello di utente originario di Comacchio, oggi 39enne. Sintetico e ficcante, gli aveva scritto: “La faccia dell’omofobia...e dell’ignoranza”. Non era neppure il più pesante fra gli oltre 3.570 commenti giunti dopo la pubblicazione del post. Stilata la lista nera, l’ex deputato, ora segretario provinciale della Lega Modena e consigliere comunale a Mirandola, ha querelato i rispettivi autori per diffamazione. Ieri è toccato al 39enne rispondere del reato punito dall’articolo 595 del codice penale, nella forma aggravata dal mezzo utilizzato. Nei suoi confronti si è tenuta l’udienza predibattimentale davanti al giudice Cristiano Coiro, che ha rinviato l’inizio del processo nel merito di fronte al giudice monocratico Cosimo Pedullà.

Il politico parte civile Golinelli, finito già agli onori della cronaca per altre espressioni “incendiarie” sul medesimo tema, si è costituito parte civile chiedendo un risarcimento di 10mila euro. Quanto all’imputato, il suo difensore - l’avvocato Alessandro Mancuso - ha chiesto ieri il non luogo a procedere. L’argomentazione sostenuta per controbattere alla richiesta del giudizio pronunciata dal vice procuratore onorario Katia Ravioli, mirava a sostenere che il tenore del post dell’ex parlamentare fosse denigratorio, quasi come «una presa in giro» della questione che il disegno di legge andava a trattare. A documentarlo, negli atti finiti all’interno del fascicolo aperto dalla procura ravennate ci sarebbe proprio l’immagine al centro della diatriba, adornata - questa la linea sostenuta in aula dal legale - «da manine posticce, come a riprendere l’ignobile esultanza dei parlamentari dopo la bocciatura del Ddl Zan e la scritta “Ciao ciao”». Insomma, quel commento sarebbe stato una conseguenza abbastanza scontata di una provocazione su un tema scottante, che avrebbe suscitato un legittimo diritto di critica politica. l

Federico Spadoni

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